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Corriere di Gela | Benvenuti nell’«Italiozia»
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notizia del 22/01/2012 messa in rete alle 16:28:27
Benvenuti nell’«Italiozia»

Il referendum abrogativo di cui all'art. 75 della Costituzione, può cancellare una legge parlamentare (fonte di primo grado) parzialmente o totalmente. Nell'uno o nell'altro caso, incide sull'ordinamento giuridico preesistente e pertanto può essere considerato anch'esso una fonte del diritto oggettivo. Nell'espellere - ad esempio - in toto una legge, il referendum abrogativo popolare può creare un vuoto legislativo ed indurre il Parlamento ad intervenire colmando la lacuna. Ma indurre non significa obbligare. A fronte della possibile inerzia del parlamento, cioè, quella data materia su cui disponeva normativamente la legge cancellata totalmente dal referendum, può rimanere priva di disciplina legislativa. Si sa, non tutti i casi sono coperti da apposite norme: ecco perché esistono altre interpretazioni oltre a quella letterale, a cui il giudice può ricorrere in sede applicativa, a partire da quella analogica.

Perché questa premessa? E' presto detto. La Consulta ha recentemente bocciato i due quesiti referendari che intendevano abrogare totalmente (il 1° quesito) o parzialmente (il 2° quesito) l'attuale legge elettorale che il suo stesso primo firmatario, Calderoli, definì una porcata. Da qui il nomignolo “Porcellum” inventato da Sartori. Senza entrare nel merito dei motivi della scelta, quest'ultima può essere spiegata solo valutando come conseguenza diretta dell'eventuale abrogazione (anche parziale) del Porcellum sulla base della formulazione dei quesiti referendari, la creazione di un vuoto legislativo giacché non risulterebbe immediatamente applicabile una disciplina normativa residuale. Il che, francamente, è impensabile nel caso di una legge elettorale poiché pregiudicherebbe l'operatività dello stesso organo legislativo. Un Parlamento senza una legge elettorale o in presenza di una legge elettorale monca in una sua parte essenziale, non potrebbe sciogliersi neanche alla fine naturale del suo mandato, a meno che sia nel frattempo intervenuto legislativamente a colmare il vuoto. L'inerzia legislativa in materia elettorale non coperta da apposita disciplina è un rischio, sempre possibile, che la Consulta non ha inteso, con tutta evidenza, avallare. Si può discutere su questo punto, indefinitamente, ma tale è.

Questo, semmai, è uno degli esempi dove si misura lo scarso senso civico dell'italiano, o meglio “italiota”, in quanto mediamente “politicamente idiota”. Non è un insulto. E quando ci si riferisce all'italiota, non si ha riguardo solo al cittadino comune, ma anche a uomini istituzionali, costituzionalisti, politologi e giornalisti compresi. Quando si fa passare il messaggio che con l'espulsione del Porcellum si ritorna al Mattarellum, si travalica financo la grottesca disinformazione e si sconfina decisamente nel burlesco. Volutamente o meno poco importa. Asserire ciò è pressocché una scemenza, anche attraverso un'abrogazione “mirata” (vedi 2° quesito). E' come asserire che il diritto oggettivo, in questo caso in materia elettorale, sia un frizer dove congeli una bistecca di carne (il Mattarellum). Il Porcellum non ha modificato, né integrato il Mattarellum, lasciandolo così in vita: lo ha sostituito completamente secondo una versione integrale del principio “lex posterior derogat priori”. Il Mattarellum non può essere disapplicato per poter ritornare in auge qualora la legge successiva venisse abrogata. Il Mattarellum è stato fatto fuori. Per riportarlo in vita il Parlamento deve riscriverlo di sana pianta, o deve essere espressamente richiamato in parte o in toto nel quesito referendario che abroga in parte o in toto la legge che fu ad esso successiva (il Porcellum).

L'esperienza insegna, poi, che il referendum abrogativo (il cui quorum è già eccessivo) può avere una sua validità nelle vesti di strumento di democrazia diretta, ove insista su un tema che interessi davvero la società civile (vedi divorzio, aborto, ecc.), per il quale in buona sostanza ci si divide ed innanzi al quale gli stessi partiti presenti in parlamento si limitano a prendere atto della maggioranza popolare. Sempre più spesso, invece, è diventato strumento con cui costruirsi un credito in termini di consenso nella convinzione di poterlo poi spendere opportunisticamente in tempo di elezioni. Quando ciò accade, anche le polemiche accessorie si riducono a pura propaganda intorno ad un argomento, o meglio, una riforma come quella elettorale, che tutti o quasi invocano ma che nessuno fa. Circostanza, in effetti, che stride in ordine al delicato momento socio-economico che si sta attraversando.

Del resto, durante questa stessa legislatura, ci fu un referendum sulla legge elettorale (2009) con quesiti ben precisi che passarono non a caso indenni al vaglio della Corte Costituzionale. I primi due quesiti conferivano il premio di maggioranza alla lista più votata e non alla coalizione più votata ed innalzavano la soglia di sbarramento con l'effetto di ridurre la frammentazione partitica che ci fa rimanere ancora in piena Prima Repubblica. Il terzo quesito eliminava i “plurieletti” (in più circoscrizioni) e la cooptazione, cioè le “liste bloccate”. Volendo ritenere che gli italiani non volessero una trasformazione del quadro partitico tendenzialmente in senso bipartitico (cosa diversa dal bipolarismo), già solo il terzo quesito avrebbe dovuto indurre i cittadini a recarsi alle urne. Boicottato dai principali partiti politici, quel referendum non raggiunse il quorum di gran lunga. Che ci siano i nominati in Parlamento per gli elettori non è uno scandalo anche se l'opinione pubblica rappresentata dall'informazione direbbe ben altro. La verità è che agli italioti, da sempre, non interessa come vengono eletti (e/o nominati) i propri “rappresentanti”. Benvenuti allora nell'Italiozia, anche e soprattutto per i più ritardatari.


Autore : Filippo Guzzardi

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