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notizia del 29/08/2010 messa in rete alle 16:24:30
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Un giorno speciale per Gino Alabiso
Il prof. Gino Alabiso, collaboratore di lungo corso di questo giornale e memoria storica gelese, corona quello che, per molti di noi, può costituire solo un sogno, festeggiando il raggiungimento di un’importante, difficile ed, al tempo stesso, lusinghiera tappa: 90 anni! Portati con comprensibile e giustificata fierezza, non solo per le buone condizioni fisiche, che gli consentono di viaggiare, in treno, almeno quattro volte l’anno, da Pisa a Gela e viceversa, ma, soprattutto, in virtù di un’invidiabile lucidità cognitiva che gli permette, da lungo tempo, esattamente dal 1991 e con cadenza annuale, di pubblicare, pur senza fare ricorso alle sofisticherie di impaginazione e di stampa offerte dalle nuove tecnologie, dei volumetti, nei quali, con la semplicità narrativa che gli è propria, ci fa conoscere usi e costumi del lontano e recente passato della nostra terra, ma anche personaggi ad essa, in qualche modo, legati o per ragioni anagrafiche o per motivi professionali.
Ma, chi è Gino Alabiso? E’ nato in quella che, all’epoca, si chiamava Terranova di Sicilia, l’odierna Gela, il 28 agosto del 1920, una sorta di annus mirabilis, perché prolifico di una moltitudine di talenti, alcuni dei quali, purtroppo – come Alberto Sordi, Enzo Biagi e Federico Fellini – non ci sono più.
Dopo le elementari, frequentò la Scuola di Avviamento Professionale (l’attuale Scuola Media) e, conseguita la licenza (all’epoca, si chiamava diploma), si iscrisse all’Istituto Magistrale di Piazza Armerina, dove, all’età di 20 anni, ottenne il diploma di Insegnante Elementare.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, fu chiamato alle armi, finendo, con i commilitoni del suo Reggimento, in Albania (invasa dalle truppe italiane il 7 aprile 1939 e due giorni dopo annessa all’Impero italiano, che, all’epoca, comprendeva anche Etiopia, Eritrea, Somalia, Abissinia, Libia, Dodecaneso, Amatolia, fino alla lontanissima Tientsin, ovvero il “guado del fiume del paradiso”, che oggi, con i suoi 11 milioni di abitanti, è una delle 4 più importanti città metropolitane della Cina), da dove, dopo mesi di pericoli e di stenti, nel dicembre del 1943, riuscì a rientrare in Italia, imbarcandosi su un mercantile, rimasto miracolosamente integro e galleggiante, nonostante fosse stat oggetto, durante la traversata del mare Adriatico, di bombardamenti da parte dell’aviazione tedesca.
Riprese gli studi e, l’anno successivo, da esterno, si presentò agli esami di Maturità Classica, conseguendo, presso il Liceo-Ginnasio “Eschilo” della nostra città. Che, oltre all’insegnamento presso le scuole elementari della nostra città, reso possibile dal diploma Magistrale precedentemente ottenuto, gli permise di iscriversi alla Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, che, però, dopo avere superato alcuni esami, abbandonò, per stare vicino ad una collega, l’insegnante Renata Caternolo, della quale si era invaghito (era una bella, ma sobria ragazza, che mantenne queste qualità anche da donna sposata e da madre), che, dopo un periodo di fidanzamento, portò all’altare e dalla quale ebbe tre figli (uno, purtroppo, non c’è più).
Già nell’immediato dopoguerra, esordì come poeta romantico ed umoristico, particolarmente apprezzato, ottenendo la pubblicazione, in riviste letterarie dell’epoca, dei suoi versi. La cui musicalità, per rima e metrica, gli fece ottenere un buon successo.
Dopo il matrimonio, “tradì” la musa che gli aveva dettato tanti versi, per dedicarsi al giornalismo, in qualità di Corrispondente da Gela del quotidiano catanese “La Sicilia”. Un’attività che, iniziata nel 1950, si interruppe vent’anni dopo, quando per motivi familiari, si trasferì a Pisa. Dove, dopo un periodo di ambientamento, pur continuando la sua attività di Insegnante elementare, cominciò a collaborare con il quotidiano “La Nazione” di Firenze.
Il suo trasferimento provocò, nel mondo giornalistico gelese, un autentico terremoto. La Sicilia mi chiese la disponibilità ad assumere l’incarico di Corrispondente da Gela, resosi vacante con il trasferimento di Alabiso.
Ero ancora un ragazzo, avevo appena 16 anni. Consapevole dei miei limiti, non ebbi esitazioni a rifiutare la proposta. L’incarico venne addifato ad Elio Leopardi, che, da alcuni anni, era Corrispondente del “Giornale di Sicilia”. Il cui posto venne preso da Salvatore Parlagreco, il quale, a sua volta, lasciò il quotidiano del pomeriggio “L’Ora”, che veniva stampato a Palermo. E, siccome l’impegno che bisogna profondere era meno gravoso (il giornale, a differenza dei quotidiani del mattino, non dedicava singole pagine alle cronache provinciali e locali ed era solito pubblicare notizie di un certa importanza), posi la mia candidatura alla successione di Parlagreco, che venne accolta.
Così nacque la mia passione per il giornalismo; tutto quello venne dopo lo devo in parte al mio grande entusiasmo per questa professione e in parte alla preziosa chance che mi venne offerta da Gino Alabiso, di cui gli sono ancora oggi profondamente grato.
Auguri, professore ed arrivederci alla prossima tappa. In fondo, mancano solo dieci anni…
Autore : Elio Cultraro
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