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notizia del 29/08/2010 messa in rete alle 16:20:43
La scomparsa di Cossiga. Addio Presidente
10 gennaio 1991: un giovane studente universitario gelese è tra i tantissimi suoi concittadini che danno il benvenuto al capo dello Stato sceso in visita a Gela, per inaugurare il Tribunale. Quel giovane studia “Scienze Politiche” a Catania e crede nella battaglia referendaria, condotta anche nel capoluogo etneo come in tutte le altre importanti piazze dello “stivale”, che tra il 1991 ed 1993 spazzerà via il proporzionale dalla legge elettorale. Da adolescente s'è cibato di un'ideologia “pratica” come il Socialismo Liberale propugnato da un certo Carlo Rosselli e che ha avuto breve vita nel semisconosciuto Partito D'Azione, senza riuscire ad entrare e ad avere voce nelle istituzioni della nascente Repubbica Italiana.
Appena diciottene, i suoi occhi brillarono alla visione del «muro di Berlino» che crollava due anni prima. Egli sa, è fermamente convinto, che il momento è propizio per un cambiamento del quadro partitico internazionale, specie quello italiano bloccato da un “pentapartitismo tattico” mai messo in discussione, anzi semmai alimentato, da un Pci che si crogiolava nel dolore solo presunto ed autocommiserante che scaturiva dall'essere unica forza d'opposizione. L'idea di quel giovane studente era un “bipartitismo post-ideologico”, basato su un sistema uninominale maggioritario. E mai, quel giovane, avrebbe pensato un giorno di salutare con applauso, men che meno nella sua città, un democristiano ministro degli Interni all'epoca dell'uccisione di Aldo Moro, allora anche a capo di una riorganizzazione alquanto controversa dei Servizi Segreti e già supervisore di “Gladio”.
Quell'ex ministro, tale Francesco Cossiga all'anagrafe sarda, era nel frattempo diventato Presidente della Repubblica e, al suo secondo mandato, s'era tolto la veste di “uomo delle istituzioni”, dopo quella di “uomo di partito”, per indossare l'abito, sorprendentemente luccicante agli occhi di quel giovane così come di tanti altri connazionali, del “finto matto che dice le cose come stanno”, tanto da fargli valere lo storico appellativo di “picconatore”.
Furono gli anni poi di “Mani Pulite” e del crollo del fino allora indiscutibile e dogmatico proporzionalismo puro ed assoluto, indecentemente esasperato, che lascerà il posto al sistema misto (75% maggioritario, 25% proporzionale) del cosiddetto «mattarellum»: come si suol dire, la classica montagna che partoriva il topolino, vale a dire un “bipolarismo falso” ed altrettanto indecente nel riproporre improbabili soggetti politici riuniti solo per mero opportunismo in veri e propri, spudorati, cartelli elettorali. Un proporzionalismo, oggi, pienamente recuperato e restaurato persino in senso peggiorativo grazie alle liste bloccate.
Ma a Gela erano anche (e soprattutto) “anni di piombo”: nel vero senso della parola. Quelli di una faida mafiosa che per lungo tempo mise sotto assedio una città, terrorizzando un'intera comunità. La visita di Cossiga a Gela, con l'istituzione del tribunale, serviva proprio a testimoniare la presenza dello Stato, con tanto di pacco dono, simbolico per modo di dire, rappresentato da un Palazzetto dello Sport. E già! Proprio quel “grande esternatore” che non esitò, senza alcuna remora, a definire Rosario Livatino, ucciso pochi mesi prima da quella visita, un “giudice ragazzino”, nell'intento di sminuirne il lavoro fatto contro la criminalità organizzata. Più tardi, Cossiga scriverà una lettera ai familiari dello stesso magistrato prematuramente ed atrocemente caduto sotto le armi di “Cosa Nostra”, esaltandone l'opera e la figura, anche in termini cristiani.
A distanza quasi di un ventennio, Gela si ritrova nello spazio di pochi metri ben due Palazzetti dello Sport: curiosamente, essi sono intitolati a Cossiga e Livatino. Quasi un tributo ironico ad un campione del genere come Cossiga. E quel giovane studente gelese? Faticosamente giunto al termine degli studi ed oggi quarantenne, continua nel frattempo a pensarla come vent'anni fa. Senza spostare neanche una virgola. I suoi occhi sono tornati a brillare alla notizia della morte dell'emerito ex ministro degli Interni, ex presidente del Consiglio ed ex Presidente della Repubblica, nonché senatore di diritto. Invero, la sua non è solo una commozione in segno di rispetto verso un uomo che ha, comunque, lasciato più di un ombra nel suo passato; quanto piuttosto verso un ricordo che è ritornato quasi d'improvviso, a resuscitare un'illusione che non vuole svanire del tutto: insomma, verso un sogno di gioventù rimasto per ora, benché desolatamente, nel cassetto.
Quel giovane che firmerà sotto questo pezzo, è perfettamente conscio che con la scomparsa del più “giovane vecchio della Repubblica Italiana”, se ne va via un altro grosso pezzo della «Prima Repubblica», ma quest'ultima – a Costituzione invariata e nel triste silenzio, tombale, di politologi, studiosi giuristi ed intellettuali a vario titolo – continua a vivere, con tutte le sue verità (forse poche) ed i suoi misteri (forse tanti). Addio Presidente.
In alto, la prima pagina che il Corriere dedicò
alla visita in città del compianto Presidente della Repubblica Cossiga
Autore : Filippo Guzzardi
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