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Corriere di Gela | Trainito: “La laicità non è intolleranza”
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notizia del 05/11/2006 messa in rete alle 16:15:15
Trainito: “La laicità non è intolleranza”

Il commento risentito del cattolico Calogero Paolo Cassarino al mio articolo apparso sul “Corriere di Gela” della scorsa settimana (“La bestemmia e la libertà dalla religione”), merita qualche nota a margine, se non altro perché esso tradisce in modo lampante il tipico meccanismo retorico di chi, per mascherare la propria incapacità di combattere una tesi con argomentazioni puntuali e articolate, si lancia nell’insulto gratuito, nell’accusa di saccenteria, negli slogan strappalacrime e buonisti e nella caricatura falsante delle idee dell’avversario, con buona pace del vero punto in questione.
Già il semplice fatto di definire “ateo, agnostico, pseudo-filosofico” il mio articolo, dimostra almeno due cose: 1) che chi scrive non ha chiara la differenza tra ateismo e agnosticismo (sono due cose che non possono stare insieme a connotare contemporaneamente lo stesso oggetto, come dovrebbe essere ben noto). E in ogni caso non c’entrano nulla, perché il mio era un discorso che riguardava la laicità; 2) che chi scrive, di fronte ad alcune rapide e occasionali osservazioni di sociologia della comunicazione e di politica culturale, vuol far credere spocchiosamente di essere in grado di distinguere su due piedi tra filosofia e pseudo-filosofia, anche se subito dopo, identificandosi populisticamente col “lettore medio”, se non addirittura con l’analfabeta Renzo Tramaglino, si lamenta per la (presunta) “ostentazione di conoscenza” dell’autore dell’articolo, presentato quasi come un Azzecca-garbugli che spara “latinorum” (per inciso, nell’unico caso in cui mi sono lanciato in “latinismi e massime filosofiche”, per dirla con Cassarino, ho fatto ricorso a un’espressione di Orazio, resa celebre da Kant, che anche l’ex-liceale più scarso conosce, se solo è riuscito ad arrivare alle soglie dell’esame di Stato).
Poiché, dunque, nel mio articolo non si faceva alcuno sfoggio di erudizione, ma si poneva nel modo più chiaro possibile un problema politico-culturale a partire da un fatto di cronaca televisiva, il “timore” che secondo Cassarino avrei inteso suscitare nel “lettore medio” è un problema solo suo. Dalle sue parole avvelenate, infatti, emerge il suo grande timore di affrontare seriamente la questione da me sollevata, che egli liquida sbrigativamente come una faccenda di “buon gusto, educazione e costume”, rifugiandosi nella forma più banale di conformismo ideologico, di moralismo da galateo e di tradizionalismo. Tuttavia, prima di esibire questa mirabile apologia del tipico andazzo italiota in fatto di etica pubblica, egli accusa me di ricorrere a “frasi fatte e luoghi comuni”, naturalmente guardandosi bene dal fare esempi.
Non avendo di fronte delle contro-argomentazioni centrate sul punto in questione, ma solo lo sfogo caotico di un cattolico che vive benissimo in un Paese che in gran parte (e a parole) la pensa come lui e che nei centri di potere (come la televisione e il Parlamento) lo coccola nelle sue credenze per ovvie ragioni politiche ed economiche (mai offendere la sensibilità permalosa del pubblico che può farti vincere la partita dell’audience e le elezioni), mi limiterò a qualche altra osservazione sui curiosi tic linguistici di Cassarino, perché vi si annidano delle autentiche perle.
Innanzi tutto, dal modo in cui contesta il fatto stesso che questo giornale abbia ospitato il mio articolo, si capisce che Cassarino non sa che i giornali non fanno solo informazione sui fatti, ma contemplano anche l’esistenza degli articoli di commento in cui qualcuno propone un’opinione e la sottopone alla discussione pubblica e razionale. D’altra parte, uno che si appella alla “spiegazione razionale dei fatti” e nel giro della stessa frase invoca “quanti ancora portano nel cuore la luce della speranza, una piccola fiamma di misericordia, un messaggio di bontà e tolleranza”, appare più contraddittorio e confuso di uno che armeggia col telefonino mentre prende l’ostia (di passaggio, mi permetto anche di ricordare a Cassarino che la nozione di “tolleranza” in Europa è nata in contrapposizione al fanatismo religioso della Chiesa cattolica e di alcuni settori del mondo protestante, ma evito di rimandarlo alle fonti di questa mia affermazione per evitare di dargli fastidio con uno sfoggio di cultura).
Interessante è poi il fatto che Cassarino mi accusi di fare non informazione ma una “crociata” e del “proselitismo”. Ora, non riesco a immaginare una barzelletta più divertente di quella del cattolico – il quale si riconosce in una Chiesa che ha fatto le crociate e il proselitismo lo fa per vocazione – che lancia l’accusa di voler fare una “crociata” e del “proselitismo” a un laico individualista che non appartiene ad alcuna chiesa e che ha la sola colpa di sollevare il problema dei confini della laicità costituzionale del nostro Stato. Le due domande retoriche con cui si conclude la replica di Cassarino, infine, tradiscono in modo plateale il suo totale fraintendimento (non so quanto intenzionale) del mio discorso. Io ho semplicemente proposto un modello di spiegazione della funzione della bestemmia nell’ambito della cultura popolare tradizionale. La mia ipotesi può naturalmente essere sbagliata, ma la sua confutazione non può provenire da un contro-esempio fuorviante: il bambino che oggi sente e ripete una bestemmia non c’entra nulla, perché rimanda a una questione assolutamente diversa (che qui non è il caso di aprire per ovvie ragioni di spazio). Per quanto riguarda invece l’ultima domanda di Cassarino (“Nel momento in cui si mette in discussione l’esistenza del Divino, non se ne sta già postulando l'esistenza?”), posso solo dire che nel mio articolo non c’è alcun accenno a questioni teologiche di quel tipo, per cui, ancora una volta, egli ha preferito deragliare. Curiosamente, però, egli, che pure all’inizio aveva dato ad intendere di essere filosoficamente smaliziato, risponde implicitamente alla sua stessa domanda riproponendo il sofisma che mille anni fa Anselmo d’Aosta, in pieno Medioevo, usò contro Gaunilone. E questo la dice lunga sullo stato delle parole e dei pensieri da cui Cassarino è parlato e pensato.


Autore : Marco Trainito

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