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notizia del 05/09/2010 messa in rete alle 15:59:13
Lavoratori bengalesi e cingalesi ancora lontana la soluzione
Quasi alla stregua di uno dei tanti paesini della provincia lombarda o veronese, roccheforti di una Lega Nord in continua espansione, l'estate gelese, dal punto di vista dell'ordine pubblico, si è caratterizzata per l' “emergenza ambulanti stranieri”.
Nel caso di specie, bengalesi e cingalesi componenti di alcuni nuclei familiari che da tempo hanno scelto, muniti di regolare licenza, di svolgere la loro attività tra i marciapiedi del lungomare “Federico II di Svevia”.
La severità della nuova amministrazione comunale, e dell'assessore al ramo Orazio Rinelli, si è scagliata non contro gli storici abusivi della frutta, che da anni, peraltro, richiedono la costituzione di appositi spazi per la vendita, ma di alcuni, una decina circa, artigiani provenienti da Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan.
Il decoro pubblico e la legalità, del resto, prima di tutto.
E allora via alle grandi manovre.
Non si è potuto procedere al completo sgombero, poiché gli artigiani sotto la lente di ingrandimento hanno tutte le carte in regola, allora si è deciso di trasferirli qualche metro indietro, nello spaziale difronte alla sede della Capitaneria di Porto.
Si era stabilito di assicurargli un'area attrezzata, destinata a coprire le esigenze di commercianti comunque in trasferta e privi di qualsiasi appoggio in città.
L'estate sta per volgere al termine, ma al momento non si sono visti né bagni chimici né, tanto meno, idonei servizi da destinare anche ai minorenni giunti a Gela insieme ai genitori.
La conseguenza diretta è presto descritta: le famiglie impegnate nel piccolo mercatino continuano ad utilizzare la spiaggia antistante o la folta vegetazione per lavarsi o dormire, ed ovviamente esplicare tutti i bisogni connessi a normali organismi umani, siano questi italiani, svedesi, pakistani o statunitensi.
Legalità e sviluppo si è gridato in passato e si continua a gridare anche in questo intenso presente gelese.
Bisogna, però, capire se il motto valga per tutti.
Lavoratori giunti a Gela per ottenere un minimo di profitto dalle loro creazioni artigianali, costretti a vivere all'interno di piccole tende da campeggio collocate entro la fitta vegetazione cresciuta, incontrollata, a ridosso di una vecchia ed abbandonata piscina.
Derisi, in molti casi, da possibili acquirenti e, fattore ancor più grave, da chi dovrebbe assicurargli una minima parvenza di tutela.
In fondo, non fanno parte di alcuna associazione di categoria, non hanno referenti politici in consiglio comunale, stentano a comprendere la nostra lingua: tanto peggio per loro, che si arrangino tra la vegetazione.
Questa, però, è Gela non Rosarno, almeno fino ad ora.
Qualsiasi lavoratore, soprattutto se in regola, dovrebbe avere il diritto di potersi lavare le mani con acqua non salata o farsi una doccia non essendo costretto ad incamminarsi per le spiagge del litorale.
Legalità e sviluppo prima di tutto, senza se e senza ma!
Autore : Rosario Cauchi
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