|
notizia del 05/09/2010 messa in rete alle 15:47:56
|
Quale futuro per la Raffineria
Sembra ormai certo che lunedì 6 settembre prossimo l’Eni presenterà il suo piano industriale. L’evento, forse qualche anno fa, poteva destare curiosità oltre che delle aspettative. Attualmente i sindacati sembrano un po’ preoccupati soprattutto perché rimane top secret il suo contenuto, ma ad accrescere l’ansia generale è stato uno slittamento improvviso. Cosa si nasconde dietro quel mancato appuntamento? E’ chiaro che gli investimenti preannunciati qualche anno addietro, nell’ordine del miliardo di euro, allo stato attuale si sono poco più che dimezzati, circostanza che preoccupa le organizzazioni sindacali perché non conoscono le reali intenzioni del colosso petrolchimico sul piano degli investimenti, occupazionali, ambientali e in tema di sicurezza. In gioco non ci sono soltanto gli annunciati investimenti che consentirebbero di realizzare le manutenzioni straordinarie degli impianti, offrendo la possibilità all'indotto di ripartire e tirare un sospiro di sollievo, ma ci sono soprattutto i massicci investimenti per realizzare le bonifiche del territorio. Ci sarebbe lavoro per le maestranze, anche se permangono le preoccupazioni che le commesse di lavoro potrebbero essere aggiudicate da imprese esterne perché si dice che siano molto più competitive delle nostre. Una falsa affermazione, questa, confutata anche dall’on. Lillo Speziale che di recente ha denunciato la poca trasparenza dell’Eni nell’affidamento degli appalti. Il sindacato, a partire dagli anni a ridosso del 2002, come ci riferisce a seguire Alessandro Piva, ha tratto una grande lezione dal passato. Non si limita più a soddisfare esigenze di tutela della classe lavoratrice, ma elabora progetti di lunga scadenza da proporre all’azienda ma anche allo Stato, alla provincia agli enti del territorio con lo scopo di programmare uno sviluppo economico del territorio che tenga conto dell’aspetto industriale, ma che vada oltre facendo tesoro delle vocazioni agricole, marinare e artigianali delle nostre realtà imprenditoriali.
Solo che allo stato dell’arte si vede poco o nulla. Avrebbero dovuto essere i nostri politici che raccolgono le istanze del territorio ad occuparsi di sviluppo sostenibile e di alternative all’industria. Purtroppo essi hanno avuto vista corta e gli effetti di un sottosviluppo, oltre che di una crisi economica che tocca tutte le categorie e settori economici, sono dinanzi agli occhi di tutti. I loro interventi sono stati solo delle mere enunciazioni, non accompagnate da progetti seri che tenessero conto delle nostre vocazioni turistiche, a-gricole e marinare. Quando mai si è fatto uno studio serio di prospettiva legato anche al nuovo piano regolatore generale?
Il Corriere , nell’imminenza della pubblicazione del piano industriale della Raffineria, ha chiesto un commento preventivo alle organizzazioni sindacali direttamente collegate con la fabbrica, Silvio Ruggeri della Uilcem Uil e Alessandro Piva della Filctem Cgil. Ecco perché sono preoccupati per le sorti sia del diretto che dell’indotto. Chiaramente si attendono l’impegno che l’azienda garantisca quanto meno i livelli occupazionali, realizzando gli annunciati investimenti ambientali, ma serpeggia anche la preoccupazione che l’Eni non ragioni più come dieci anni fa, perché è una azienda che guarda da privato ai profitti.
Alessandro Piva (segr. prov. Filctem Cgil)
«Noi ci attendiamo che l’azienda mantenga gli impegni assunti su Gela per consolidare questo sito industriale, di rinnovarlo sia sotto l’aspetto tecnologico che per quanto riguarda le migliorie ambientali. Che poi dagli investimenti ci sia anche una difesa positiva per il lavoro che tra l’altro manca a Gela. Non ci attendiamo grandi cose, il cosiddetto toccasana non esiste. Se qualcuno pensa che la Raffineria possa rappresentare la risoluzione di tutti i problemi che ci sono a Gela, si sbaglia di grosso ed è pura illusione. È fondamentale il fatto che si debba pensare oltre l’industria e noi questo come sindacato lo abbiamo fatto sin dal 2002. Basta leggere le nostre relazioni congressuali e scorrere il dibattito sindacale che c’è stato, dove emerge con chiarezza quanto avevamo detto e continuiamo a ribadire: Gela non pensare di vivere solo di stabilimento. Dobbiamo tutti farci carico di sviluppare anche l’agricoltura e il turismo, l’artigianato. Ciò potrà essere fatto in sinergia e nel rispetto dei ruoli di ciascuno».
Silvio Ruggeri (segr. prov. Uilcem Uil)
«Qui ci stiamo caricando di un’attesa eccessiva rispetto al piano industriale che ci deve presentare l’Eni. Quel piano sicuramente servirà a mantenere l’esistente. Ma non possiamo solo discutere dell’esistente. Dobbiamo progettare per il futuro, creando le condizioni per sedersi attorno ad un tavolo tecnico insieme ai soggetti a fare progettualità, progettazione e programmazione. Qui ci vuole Stato, Regione e Comune. Noi faremo dei passi ufficiali con delle proposte. Il sindacato non può legiferare, ma può dare quei suggerimenti e seguire l’evoluzione delle cose».
Autore : Nello Lombardo
» Altri articoli di Nello Lombardo
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|