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notizia del 15/03/2009 messa in rete alle 14:59:39
Sanità, riforma-farsa
Quello che si è fatto passare come maxi emendamento del governo regionale è stato presentato all'Ars ad inizio settimana ed è grosso modo la fusione dei due modelli di riforma della sanità siciliana: il modello originario proposto dall'assessore al ramo on. Russo e quello alternativo avanzato dal capogruppo PdL, on. Leontini. Si mantiene l'ipotesi avanzata sin dall'inizio dall'assessore alla Sanità Russo, diminuendo a 17 le Aziende con a capo un manager: di queste 9 sono le Asp (aziende sanitarie provinciali) che sostituiscono le Ausl, mentre 8 sono quegli ospedali che tra alta specializzazione (le due Arnas: il “Civico” di Palermo ed il “Garibaldi” di Catania), policlinici (di Palermo, Catania e Messina) e Aziende ospedaliere (il “Cannizzaro” di Catania, un nuovo polo ospedaliero palermitano che raggruppa i vari "Villa Sofia", "Cervello", "Casa del Sole" e "Ingrassia", un nuovo polo ospedaliero messinese che raggruppa i vari "Pappalardo", "Piemonte" e l'ospedale di Taormina) vengono debitamente distinti nell'autonomia gestionale così come prospettato dall'on. Leontini.
Non si chiude tanto per chiudere ma la riforma prevede in ognuna delle 9 province un raggruppamento ulteriore che romperebbe con il passato, prevedendo la presenza di 18 ospedali capofila, sostanzialmente due per ogni provincia, tranne ad Enna (uno) e Catania (tre). Degli 87 amministratori preesistenti alla riforma ne ricaviamo altri 87, di cui 17 mangers superdirettori e 70 burocrati dirigenti intermedi che dovranno accontentarsi di una ulteriore indennità oltre lo stipendio relativo al ruolo occupato in organico e, sostanzialmente, con un 20% salariale in meno rispetto ai direttori generali. L’impressione è che il numero delle poltrone diminuisca di poco e si risparmi tagliando i superdirettori con contratti di diritto privato; ma il sistema di potere di nomina, con tanto di becera logica politico-elettorale, non viene sostanzialmente intaccato quantomeno nell'impostazione (vedremo poi negli effetti): ad oggi, questa riforma che verrà discussa e votata passo per passo in Aula dalla prossima settimana, se non è un bluff poco ci manca.
Per quel che ci riguarda tutta la partita si gioca proprio su questo punto. Nella provincia nissena dovremmo avere una Asp a Caltanissetta e due ospedali capofila, uno nel capoluogo (Sant'Elia, che raggruppa i nosocomi di San Cataldo e Mussomeli) e uno a Gela (Vittorio Emanuele, che raggruppa i presidi di Niscemi e Mazzarino).
Il direttore amministrativo e quello sanitario del “Vittorio Emanuele” vengono nominati dal manager a capo dell'Azienda sanitaria provinciale che ne definisce il budget. Su quel budget, i due burocrati gelesi hanno piena autonomia organizzativo-decisionale, con riferimento all'assistenza amministrativa e sanitaria nel comprensorio (Vittorio Emanuele Gela, Basarocco di Niscemi e Santo Stefano di Mazzarino). Pertanto, nessun accoglimento dell'ipotesi Donegani (azienda ospedaliera a Gela in quanto sito industriale a rischio ambientale) nè tanto meno dell'ipotesi congiunta Speziale-Federico (azienda ospedaliera a Gela per numero di popolazione) perché le aziende ospedaliere rimaste sono tre e tutte nelle realtà metropolitane, mentre quello dell'ospedale capofila è un contentino dato a Gela in cambio della perdita dell'autonomia propria di un'azienda ospedaliera che non ci sarà più. La forte preoccupazione è che la differenza non sia solo letterale e che essa si accompagni al timore di avere garantita comunque la Radioterapia ma non il Polo oncologico.
Il punto cardine è che se per raggruppamento s'intende vera autonomia, essendoci già una struttura oncologica al capofila "Sant'Elia", la logica ne vorrebbe un altra al capofila "Vittorio Emanuele", ma se il raggruppamento negli effetti pratici altro non sarà che un accorpamento sotto mentite spoglie del "Raimondi" di San Cataldo e del "Longo" di Mussomeli al "Sant'Elia" così come del "Basarocco" di Niscemi e del "Santo Stefano" di Mazzarino al "Vittorio Emanuele" di Gela, si materializzerebbe l'indiscrezione già trapelata sin dal novembre scorso che vedrebbe la rimodulazione del "Raimondi" di San Cataldo in polo oncologico di assoluto livello con trasferimento della struttura esistente al "Sant'Elia" e relativo potenziamento, mentre a Gela si rischierebbe di rimanere all'asciutto.
Davvero impossibile, al momento, prevedere le conseguenze in termini di posti letto.
Autore : Filippo Guzzardi
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