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Corriere di Gela | Caso clinico 3: La donna della paralisi
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notizia del 29/01/2012 messa in rete alle 14:55:13

Caso clinico 3: La donna della paralisi

La Signora si era ormai stabilita da oltre sei mesi a casa della madre, si era impossessata del letto matrimoniale dei genitori, era ingrassata di oltre 20 kg, ed aveva mollato il marito ed i due figli alla madre ed alle sorelle. Medici specialisti di Gela e di Catania, di diverse specializzazioni si erano alternati al capezzale della giovane signora aspirante insegnante, lei stessa appartenente ad una famiglia di insegnanti, padre, sorelle e madre, tutti insegnanti di scuola, ma il marito non lo era, il marito poverino era in possesso di una semplice licenza della scuola media inferiore, operaio senza onore né gloria. Un uomo che non poteva reggere i sogni e le speranze né della moglie, né della famiglia della moglie.

Cosi la Signora non potendo immaginare nessun futuro migliore, intrappolata in un matrimonio bloccato era regredita a livelli molto infantili, si era chiusa in casa, e colpita da una “paralisi flaccida” alle gambe, non poteva reggersi in piedi, né tantomeno poteva camminare. A nulla erano serviti i farmaci “ricostituenti”, le “flebo disintossicanti” somministrate abbondantemente in oltre sei mesi di terapie, la Signora non accennava a nessun miglioramento, e continuava ad ingrassare oltre ogni decenza. A nulla potevano servire le amicizie e le conoscenze familiari che le consentivano di potere avere incarichi e supplenze, anche lunghe, tanto lei non poteva reggersi in piedi, figuriamoci camminare o andare a lavorare. Rischiava di perdere il posto di lavoro, di diventare obesa, di rimanere a vita in quel letto genitoriale lasciando il marito in bianco, come ormai accadeva da oltre sei mesi. Un marito che non sapeva parlare in italiano e che non era fine, non era presentabile in società adesso che le sorelle si erano fidanzate con uomini acculturati, eleganti, laureati. Lei era la sola ad avere sposato un uomo con la scuola media inferiore, lei che poteva aspirare a ben altro, si era dovuta sposare con un’ uomo che non era alla sua altezza. Una famiglia piccola borghese non potava permettersi nessuno scandalo.

All’età di 18 anni si era ritrovata sposata e con figli. Si era chiusa in casa, aveva smesso di frequentare la gente, schiacciata dai sensi di colpa, vinta dalla vergogna, aveva chiuso il mondo fuori di se. Ma il mondo la aspettava, bussava alla sua porta, attraverso un incarico di supplenza annuale che la madre ed il padre si erano procurati con le conoscenze presso il provveditorato. Ma la Signora non poteva ritornare in società, non reggeva il confronto e si era rifiutata , non con le parole, che non poteva usare, non con i concetti di cui non era consapevole, ma usando inconsciamente il linguaggio del corpo, per cui invece di dire..”io non ci voglio andare”... erano le sue gambe flosce a dire “noi non possiamo muoverci” da qui.Sei mesi di cure, di visite, di speranze, di lotta contro il tempo, prima che arrivasse la lettera di supplenza annuale, mi avevano preceduto in quella stanza, dominata da una ragazzina pitiatica, isterica, teatrale, inconsapevole essa stessa delle proprie doti teatrali e scenografiche. Quando i nostri occhi si sono incrociati entrambi abbiamo capito che era ora di alzarsi e di andare a lavorare.


Autore : Francesco Lauria - medico chirurgo,specialista in Psichiatria

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