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Corriere di Gela | Le mareggiate non finiscono mai come i lavori per la mantellata
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notizia del 10/10/2010 messa in rete alle 14:03:41

Le mareggiate non finiscono mai come i lavori per la mantellata

Se la questione, qualunque essa sia, viene ignorata, poco considerata, presa sotto gamba, niente paura, siamo a Gela. Quando si tratta di problemi che riguardano il nostro territorio, è un fuggi fuggi generale. Ma per chi conosce bene le dinamiche di questa città, non c’è da meravigliarsi. La teoria di Verga non si smentisce mai.

Grande intuizione quella di una Sicilia destinata all’immobilismo, alla tragica staticità. Ciò non riguarda ovviamente solo Gela che, nonostante i tentativi, rimane impedita. E la storia lo mostra, siamo sempre un gradino indietro, tutto si muove con una lentezza e una staticità senza eguali. Sembra cosa di poco conto, ma chissà quanti sanno che Gela si trova geograficamente in una posizione marittima privilegiata. Probabilmente in pochi. Se esiste uno stabilimento petrolchimico, un motivo ci sarà.

La centralità marittima è strettamente legata alle attività dello stabilimento. Tra i primi a scommettere su questa centralità, in quanto punto di forza fu Mattei, che pensò bene di sfruttare questa caratteristica ai fini industriali. Infatti in una posizione particolare è, ma come accade di norma ci sono pro e contro. Se da un lato ha grande potenzialità geografica, dall’altro è così centrale da essere soggetta a forti venti. Un dettaglio per niente trascurabile se influisce sull’attività di uno stabilimento petrolchimico. Non è poca cosa se in tredici anni il vento che causa mare grosso ha distrutto la mantellata del porto industriale. Il moto ondoso che si concretizza nel fenomeno dell’erosione ha danneggiato la struttura esistente. A farne le spese è l’attività di carico e scarico delle navi. Le mareggiate ne impediscono l’approdo, di conseguenza l’attività di carico e scarico del greggio viene rallentata. La struttura ponendosi come argine, risolverebbe la questione. In mancanza di essa , le navi devono attendere il mare calmo per poter effettuare le loro attività. In questo calderone sono coinvolti l’Eni e la Regione. Ricostruire la mantellata non è poca cosa. Si parla di spese piuttosto ingenti, e qui che la domanda nasce spontanea. Chi dovrà farsene carico? La questione non nasce ieri, e rimane ancora sospesa.

Se poi riflettiamo sulla nostra economia, la questione assume caratteri più che rilevanti. L’unico equilibrio che Gela conosce e che tiene banco è mosso da quello stabilimento. Se anche quest’ultimo incontra degli ostacoli, il risvolto è chiaro a tutti. Anni e anni di forti mareggiate hanno portato a conseguenze di una certa entità. Tempi addietro s’era parlato di interventi regionali con tanto di finanziamenti, ma allo stato attuale la questione rimane appesa a un filo. Quando si tratta di muoversi, di mobilitarsi, è assodato che la cosa non ci riguarda. Nonostante la collocazione rende Gela un potenziale punto di snodo per quanto riguarda il trasporto marittimo, la questione non sembra rilevante. Ancora una volta l’incoerenza regna sovrana. Per una città che ha puntato praticamente tutto su uno stabilimento, pagando le conseguenze ad un prezzo troppo alto, è chiaro che l’unica possibilità è quella di muoversi in quella direzione. Le altre fonti di sviluppo, sono state ormai depennate da un pezzo. Il turismo a Gela è solo una bella parola. La direzione intrapresa, difficilmente permetterà di tornare indietro. E c’è molto di più del rammarico, quando capita di leggere certi commenti sulle guide turistiche. Di Gela appare una scritta significativa dei passi compiuti. Gela: horrible city. Abbiamo avuto la ricchezza immediata, e ora raccogliamo i pezzi del disastro. Non resta che impegnarsi per mandare avanti l’unica fonte di ricchezza mai conosciuta. Piccoli lavori di recupero sono stati eseguiti, anche se in modo parziale. Ma l’azione delle onde frangenti non perdona. La mantellata costruita con massi piuttosto pesanti, fornirebbe la protezione adeguata. E fra lavori iniziati, bloccati e quant’altro, si finisce come sempre a perdere il filo del discorso.

Il porto di Gela denominato “al centro del centro” si trova proprio ad una posizione equidistante dal Canale di Suez e dallo stretto di Gibilterra. Essendo perfettamente al centro, è meta geograficamente appetibile. Una grande risorsa la nostra, spesso sottovalutata, come del resto accade per tutte le altre. Abbiamo tentato di contattare la Prefettura, dopo una serie di passaggi e una lunga attesa telefonica, nulla di fatto. Quando finalmente sembravamo sulla strada giusta, abbiamo solo captato una serie di estenuanti squilli. E così il confronto sia stato evitato. Praticamente nessuna notizia sullo stato dei lavori, neanche dall’ente appaltante. E allora abbiamo cercato di contattare l’Eni. Un altro muro di gomma. Silenzio anche da parte dell’ufficio stampa. Che dire, a Gela accade anche questo, salvo poi a lamentarsi quando scriviamo senza consultare le parti in causa.Se poi per avere una notizia anche minima da parte dell’Eni bisogna chiedere a Roma, anche questo è tutto dire.

Forse si tratta di una situazione difficile da gestire anche per gli addetti ai lavori. Dunque come di routine attendiamo che qualcosa si muova. E poi dicono che Gela non abbia nulla da offrire. L’unica cosa che manca a questa città, sono le forze giuste in grado di far ripartire quel complicato ingranaggio bloccato da un tempo indefinito. La raffineria di Gela realizza con la sua attività produzioni piuttosto elevate. Nel corso degli anni ha cercato di modernizzare gli impianti. Non possiamo dimenticare che quello stabilimento è il pane quotidiano di lavoratori provenienti da tutta la Sicilia.

Così come non dimentichiamo l’entità dei danni provocati all’ecosistema. Ma ormai quel che è fatto, è fatto. In mancanza della mantellata è ovvio come le attività dello stabilimento vengano rallentate. Il fatto è che non parliamo di una piccola attività imprenditoriale, quindi il finale pare chiaro. La raffineria di Gela riceve ogni anno tonnellate di materia prima che viene trasformata per essere poi immessa sul mercato. Una questione piuttosto delicata, se vogliamo considerare l’aspetto puramente economico.


Autore : Martina La Gristina

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