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notizia del 04/10/2008 messa in rete alle 13:17:26
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Damaggio (Adas): “Creeremo centro fisso di riferimento”
Parlare della donazione del sangue non è mai bastante. Il nostro giornale ha sempre sostenuto questa battaglia che forse più che una battaglia è un gesto d’amore, di dedizione. Appena un lustro fa era veramente difficile per chi avesse bisogno di sangue, reperirlo in loco. Adesso, grazie all’impegno di chi dedica il suo tempo libero a livello di volontariato presso l’Adas, si può affermare a chiare lettere che il fabbisogno per la nostra città è stato raggiunto ed è un gran merito se il presidente dell’Adas, dott. Felice Damaggio (nella foto durante l’intervista) può ben dire che l’Ospedale di Gela soccorre ed interviene alle carenze di altri nosocomi. Siamo molto distanti dalle cifre di raccolta di sacche che si registrano nel ragusano dove esiste da tempo remoto la cultura della donazione, ma raggiungere in un anno picchi di 3600 sacche di sangue nella nostra città è un dato importante. Il Presidente Damaggio preferisce non dormire sugli allori e con una punta di ottimismo aggiunge che bisogna studiare altre strategie per arricchire il budget di raccolta non fermandosi solo a Gela ma andando a raggiungere altre realtà come Butera e Mazzarino dove si sono raggiunti risultati inimmaginabili – come ci spiega nell’intervista che segue – contattare scuole, Istituzioni varie con l’obiettivo di raccogliere sempre più sacche di sangue senza soluzione di continuità. Ed ecco adesso pronto tra qualche giorno la nuova struttura di raccolta che non sarà più presso l’Ospedale, ma altrove in un ambiente che non richiama per nulla l’aspetto ospedaliero che spesso frena la gente a donare. Grazie all’attività promozionale dell’Adas nei giornali, alla Tv, alla radio il suio messaggio è entrato nelle case, nelle scuole e nella nostra città questa magica sigla dei donatori è divenuta familiare a tutti. Un po’ tutti a Gela hanno compreso perché è necessario donare. É un dovere civico, un atto volontario e gratuito di concreta solidarietà. Molte cure non sarebbero possibili senza la disponibilità di unità di sangue e di plasma. Basti pensare ai servizi di primo soccorso e di emergenza-urgenza, alle attività di alta specializzazione come la chirurgia e i trapianti di organi, alla cura delle malattie oncologiche e alle cure in assistenza domiciliare. Donare sangue non condiziona né limita il proprio modo di essere, è una scelta personale di apertura verso gli altri che fa bene anche a se stessi. Il bisogno di sangue in campo medico è una necessità costante; l'uso del sangue e dei suoi derivati è necessario nella quotidianità di molte terapie, di molti interventi chirurgici, delle urgenze a cui bisogna far fronte. E la crescente richiesta di esso non può essere soddisfatta se non con la crescita del numero dei donatori.
– Dottor Damaggio, è vero che i giovani da qualche tempo si accostano sempre meno alla pratica della donazione del sangue?
«Noi siamo una associazione di volontariato che va anche nelle scuole dove i giovani sono di casa, per parlare della donazione anche perché dobbiamo preparare le nuove leve. E’ un’esperienza di sei anni, che ci porta a dire che dal 2002 ad oggi abbiamo avuto un calo nella presenza di nuovi donatori nelle scuole. C’è sempre stata una presenza di giovani, però mentre nel 2002-2003 si facevano 35 donazioni in quasi tutti gli istituti, oggi siamo nell’ordine di 15-20. L’anno scorso in un Istituto hanno donato solo in tre».
– Il calo è compensato da donazioni di fasce di età più avanzata?
«Nelle persone di 40-60 anni c’è una certa risposta, ma tenuto conto del fatto che a 65 anni si smette di donare, è necessario puntare sui giovani. Avere un donatore a diciotto anni, significa che questa persona per ben 45 anni può potenzialmente donare 90 sacche di sangue. Allora abbiamo cercato di capire le motivazioni di questo disagio, parlando anche con i presidi. Sicuramente ci sono due fattori importanti: l’assenza della famiglia per via della vita moderna che porta la famiglia a non essere presente e da ultimo gli stili di vita del giovane. Le ragazze tendono alle basse taglie e quindi ad una alimentazione che non potrà mai consentire loro di avvicinarsi alla donazione. Diete prive di proteine, di sostanze che incrementano il ferro e l’emoglobine. Quando parlo di stili di vita mi riferisco anche agli orari. D’estate i ragazzi difficilmente vanno a casa prima delle 3-4 del mattino. E poi la droga e l’abuso di sostanze alcooliche fanno il resto. Questi fattori li tengono lontani dal medico. La scuola che dovrebbe fornire stili di vita e promuovere la cultura della donazione, purtroppo ora è distratta dal decreto Gelmini e da tanti altri fattori. É una situazione difficile».
– Continuate ancora ad andare nelle scuole?
«Si certo. Stamattina siamo stati in una scuola dove lo scorso anno siamo andati a buca, ed abbiamo avuto la gradita sorpresa di 23 ragazzi che ci hanno chiesto di essere sottoposti ad analisi. E’ la cosiddetta predonazione».
– Qual è il termometro della situazione gelese, in generale?
«Nella nostra città c’è molto volontariato, ma non tutto è volontariato autentico e di servizio alla persona. Per tornare un attimo nelle scuole, ogni anno tanti docenti vanno in pensione. Ce ne fosse uno che passasse dall’Adas, anche perché tutti la conoscono. Sarebbe di grande utilità che proprio loro che conoscono il mondo della scuola andassero a parlare della donazione del sangue nelle scuole. Un docente sa come avvicinarsi agli alunni».
– É pessimista sul futuro della donazione?
«Il mio non è un pessimismo ma una evidenza dei fatti. Quest’anno, in estate quando telefonavamo alla gente parlavamo di emergenza sangue in Sicilia e in particolar modo a Caltanissetta. Non dicevamo di Gela perché l’azienda ospedaliera di Gela è autosufficiente. L’azienda quest’anno ha esportato qualcosa come 700-800 sacche di sangue perché le eccedenze vanno altrove. Ecco perché noi chiediamo ai nostri donatori di offrire il loro sangue per la Sicilia che è carente. In provincia di Caltanissetta mancano 2500 sacche di sangue. La nuova strategia che vedrà iniziare i lavori a breve è la creazione di un centro fisso di raccolta di sangue. In via degli Appennini si aprirà un centro trasfusionale con la presenza di medici e infermieri. Ci sganceremo dall’Ospedale che ha i suoi tempi. La gente non va volentieri in ospedale a donare il proprio sangue. Vi si vede un luogo di sofferenza. Il centro fisso, la cui responsabilità passerà nelle mani del dottor Cantella, appena sarà pronto, diventerà il punto di riferimento di tutti i donatori, alla ari dei centri fissi di Palermo, Caltanissetta, Ragusa».
Autore : Nello Lombardo
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