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notizia del 12/09/2009 messa in rete alle 13:03:43
Progetto H, esperienza di campo estivo
Essere diversi in una società in continuo cambiamento è difficile oggi come lo era ieri. Nonostante la società di oggi ci costringa ad uscire allo scoperto, ci sono ancora delle realtà che restano sconosciute ai più e molto spesso perché istituzioni e società civile, pur di non affrontare il problema, preferiscono nascondere la testa sotto la sabbia. I diversamente abili in questa realtà sono una delle categorie più deboli ed emarginate, avrebbero bisogno di aiuto per integrarsi ed incontrare il diverso da se, ma spesso non ne hanno modo. E questo accade anche a Gela, dove su una popolazione di 80.000 abitanti, gli esseri “speciali” sono circa il 7/8 per cento. Una percentuale che di per se non dice nulla, ma in realtà cela un grande e grave problema. Per questo motivo 6 anni fa è nata “L’associazione Progetto H” che anche quest’anno, come negli anni precedenti, ha organizzato un campo estivo riservato ai non normodotati con l’aiuto dei volontari dell’associazione. L’iniziativa finanziata dal Cesvop è stata ospitata dalla struttura del Cnos (Salesiani) a Passo di Piazza, dal 31 agosto al 4 settembre. Per fare un bilancio dell’esperienza, abbiamo intervistato il presidente dell’associazione, arch. Pino Valenti.
– Come nasce il progetto H ed a chi si rivolge?
«Il Progetto H è nato 6 anni fa, a febbraio 1999, per la lotta alle barriere architettoniche e per proporre una soluzione per la rottura delle barriere sociali che bloccano l’interazione dei normodotati con i disabili, al fine di integrare questi ultimi nella società in cui vivono».
– Quanti ragazzi e quanti volontari hanno partecipato?
«Gestire i disabili è difficile specialmente quando si ha a che fare con ragazzi di età diverse e con patologie diverse. Per questo abbiamo organizzato le cose in modo che il rapporto del normodotato col disabile fosse 1 ad 1. Così c’erano all’incirca 12 disabili dai 10 ai 30 anni e 12 volontari che con lo psicologo e i coordinatori hanno formato un gruppo di 27 persone”.
– Cosa hanno imparato i ragazzi?
«Durante questi 4 giorni, i ragazzi hanno avuto modo di fare delle escursioni, imparare a seminare, cucinare, apparecchiare la tavola e fare la vendemmia. Di fatti l’esperienza si è conclusa con la raccolta dell’uva e la pigiatura del mosto con i piedi: un’esperienza che ha divertito moltissimo i ragazzi”.
– Cosa si propone l’associazione nel futuro prossimo?
“Da anni cerchiamo di far approvare un progetto per la creazione di una struttura in cui i disabili possano essere ospitati insieme alle loro famiglie e dove possano trascorrere una sorta di vacanza, fuori dalla realtà casalinga, a cui per forza di cose sono sempre abituati. Una sorta di albergo-struttura ricreativa per diversamente abili”.
E per capire meglio il significato di quest’esperienza, abbiamo chiesto a Sara, una delle volontarie, cosa ha significato per lei partecipare al campo. “L’esperienza del campoda una parte mi ha fatto riflettere, ma dall’altra intristire e amareggiare verso il sistema e la società troppe volte avversa. Ai nostri ragazzi è bastato un abbraccio o un sorriso a dimostrare il nostro affetto e comprendere che potevano fidarsi di noi. Questi ragazzi non chiedono poi così tanto”.
Autore : Alessandra Cascino
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