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notizia del 14/11/2010 messa in rete alle 12:54:06
Pet-coke si, pet-coke no rebus ancora da risolvere
Non si placano dubbi e interrogativi sulla centrale termoelettrica della Raffineria di Gela. Un sito industriale come quello locale necessita, ovviamente, di apporti energetici sempre maggiori, e la centrale, in questo senso, ne copre il fabbisogno, con una regolarità, però, non sempre vicina ai dettami della perfezione. La fabbrica, infatti, non si limita all'uso dell'energia per rispondere solo al fabbisogno interno, spingendosi, alla vendita di una parte di quella prodotta. La centrale, in ogni caso, si regge sul pet-coke, un combustibile utilizzato esclusivamente al petrolchimico gelese.
Un decreto emanato dal Consiglio dei Ministri nel 2002, ai tempi di una rivolta operaia che si opponeva ai sequestri decisi dalla magistratura, ammise l'uso del coke da petrolio nel luogo di produzione in deroga alla normativa fino ad allora vigente, che escludeva combustibili con un ammontare di zolfo superiore al 3%. La polemica sulla corretta delimitazione dei confini fra le nozioni di combustibile e scarto da lavorazione si trascinò per i mesi successivi all'emanazione del provvedimento governativo per poi, lentamente, scemare.
“Oggi – dice Silvio Ruggeri segretario della Uilcem – la centrale termoelettrica necessiterebbe di diversi interventi, al punto da indurre i vertici della raffineria ad una previsione che non si discosta dai 230 milioni di euro”.
Stando alle parole del sindacalista, la strategia decisa dalla società è quella delle manutenzioni cadenzate nel tempo, al fine di evitare un totale blocco della centrale che andrebbe ad incidere su tutti gli impianti. Un sistema, quindi, che risente degli inevitabili segni del tempo ma nonostante ciò deve reggere le sorti dell'intero stabilimento.
“In realtà – ammette Ruggeri – quando la produzione energetica è scarsa l'Eni deve necessariamente acquistare da Enel a prezzi assai elevati, superiori a quelli praticati dalla stessa Eni quando immette, per la vendita, l'energia prodotta, anche se non ho a disposizione dati sicuri che mi possano consentire di capire fino a che periodo la società ha continuato a vendere una parte dell'energia prodotta”.
Una centrale che, stando al segretario della Uilcem, funziona solo per il 30% attraverso pet-coke, con la restante percentuale coperta dall'uso di metano, assai più costoso, e fuel oil. Il coke in eccedenza, quindi, attraversa la città, trasportato dai camion, per raggiungere altre regioni: sì, perché anche questa è una risorsa che garantisce guadagno.
“Secondo gli studi da me condotti – dichiara Fabrizio Nardo componente del comitato scientifico di Legambiente Sicilia – l'efficienza assicurata dalla centrale termoelettrica della raffineria di Gela è decisamente ridotta, non superando il 15% ,quando la soglia minima per gli inceneritori, ad esempio, è del 22%”.
Il problema essenziale, secondo Nardo, riguarda proprio la natura dell'impianto. “Si tratta di una centrale policombustibile, ovvero non legata esclusivamente all'uso del pet-coke, per questa ragione la sua efficienza energetica non potrà mai essere elevata; come Legambiente avevamo proposto non la chiusura degli impianti quanto, invece, la realizzazione di un modello di centrale che tecnicamente si definisce “Igcc”, tale da garantire una resa non inferiore al 42% insieme all’abbattimento delle immissioni in atmosfera”.
“Ovviamente – aggiunge il componente del comitato scientifico di Legambiente non si può trascurare il problema dell'incidenza ambientale del pet-coke, ancora maggiore quando questo combustibile non viene immesso nel ciclo produttivo. A Gela, anche se non esistono dati ufficiali, se ne consuma una quantità di almeno 900.000 tonnellate all'anno, e solo una minima parte viene venduta all'esterno, se consideriamo, infatti, che ogni giorno dallo stabilimento possono uscire 4 o 5 camion carichi di coke non potremmo che raggiungere una soglia di 1.000 tonnellate annue cedute all'esterno, una percentuale irrisoria”.
Il nodo da sciogliere, inoltre, rimane quello dei rifiuti da combustibile, che verrebbero abbattuti nel caso di una centrale di tipo “Igcc”.
“Purtroppo – sintetizza Nardo che svolge anche il ruolo di consulente della Procura della Repubblica di Gela – non esistono dati sulle quantità di rifiuti da combustibile prodotti né è possibile sapere quali siano i siti di smaltimento”.
Domande che, forse, potrebbero ricevere una risposta dai responsabili di “Raffineria di Gela”.
Dalla Direzione Generale dello stabilimento di Gela, però, nonostante la richiesta inoltrata, non sono, al momento, giunte chiarimenti sul tema.
Autore : Rosario Cauchi
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