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notizia del 17/04/2010 messa in rete alle 12:39:04
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Giudice (Squadra Mobile): “Stop in politica a parenti di famiglie chiacchierate”
Le tante contraddizioni di Gela sembrano già riassunte da un fugace sguardo al perimetro circostante il locale commissariato della Polizia di Stato: di fronte ad un presidio dello Stato, efficiente ed architettonicamente curato, infatti, si erge, in tutta la sua estensione, uno scheletro di ferro e cemento che, almeno stando all'intento espresso dagli ideatori del progetto, intenzionati a ricavarne un grande centro per uffici ed attività commerciali, avrebbe dovuto rappresentare, una volta concluso, un ideale messaggio di sviluppo per la città e, soprattutto, per il quartiere, periferico non solo sul piano urbano.
Varcata la soglia di ingresso, e dopo una breve attesa di routine, riesco ad interloquire con l'attuale capo della Squadra Mobile di Caltanissetta, Giovanni Giudice, incarico che ha assunto per promozione un paio d’anni fa, dopo aver svolto un intenso lavoro al Commissariato di Gela.
Tralasciamo ogni preambolo, al dott. Giovanni Giudice (nella foto) abbiamo posto alcune domande a tutto campo e gli chiediamo subito, anche alla luce della recente relazione della Dia di Caltanissetta, se a suo avviso sono presenti sul territorio gelese veri rappresentati, ancora in libertà, dei boss detenuti.
«Io, allo stato attuale, mi sento di escludere assolutamente una simile eventualità; Gela, in realtà, si caratterizza, oggi, per il predominio di un nuovo, e spesso poco prevedibile, magma criminale capace di travolgere le tradizionali convenzioni predominanti entro i due organigrammi della criminalità organizzata locale: e di certo un simile status quo ci favorisce ben poco, diventa sempre più difficile prevedere mosse e volontà di vari cani sciolti»
– Cosa temete maggiormente?
«La nostra principale preoccupazione concerne il costante aumento dei reati commessi da minori, non più, ovviamente, esecutori esclusivi degli ordini dei clan, ma, in verità, convinti “imprenditori” di sé stessi; purtroppo anche le remore morali continuano a sciogliersi al pari di neve al sole, tutto per loro sembra possibile: senza trascurare, ovviamente, la rioccupazione del “campo di battaglia” da parte di giovani rampolli delle famiglie mafiose, il recente tentato omicidio di Emanuele Rocco Argenti sta lì a dimostrarla».
– Quindi, i giovani sono da osservare con particolare attenzione, a questi si affiancano altre fonti di pericolo?
«In realtà i rischi si annidano nella quotidianità: soprattutto in tempi di crisi economica, le emergenze si moltiplicano, per tale ragione bisogna sempre stare vigili; le organizzazioni criminali approfittano di questi periodi allo scopo di individuare settori più facilmente infiltrabili, non è un caso, ad esempio, se le truffe finanziarie aumentano: purtroppo non esistono “territori vergini”, anche le stesse associazioni antiracket, da sempre attive sul territorio, sotto la guida in particolare di quella gelese, non sono immuni da illegittime invasioni, si pensi all'arresto dell'imprenditore Nicola Interlici o ai fatti legati alla figura di Stefano Italiano».
– Temente la presenza di personaggi “spuri” in corsa per il Consiglio comunale?
«Ci risulta che alcuni personaggi stanno già elaborando personali piani per tentare la scalata al consiglio comunale, non si tratta, attenzione, di mafiosi, bensì di individui, magari imparentati con gruppi familiari a dir poco “chiacchierati”, intenzionati ad ottenere ogni tipo di sostegno all'interno della cerchia di conoscenze; è molto importante, dunque, la selezione a monte che dovrà essere svolta dalle forze politiche in campo, onde evitare sgradevoli ripercussioni che andrebbero a colpire, per primi, gli stessi gelesi»
– Politica e costanti ambivalenze, quindi, ma c'è dell'altro?
«Le organizzazioni criminali gelesi, si badi bene, hanno praticamente deposto le armi, anche a causa dell'instancabile azione di contrasto portata avanti da tutte le forze dell'ordine: non si può più parlare, infatti, di stidda e cosa nostra alla stregua di cosche dalla spiccata tendenza militare; oggi, invece, tali entità si dedicano agli affari, meglio se edili; in un territorio di certo non prospero sul piano economico, infatti, continuano a crescere aziende, di ridotte dimensioni e non solo, spesso fondate grazie a capitali difficili da analizzare e dalla misteriosa origine: un giovane imprenditore come Sandro Missuto, indagato nell'ambito del procedimento “Cerberus”, non sfugge a questa regola».
– Qual è il vostro auspicio?
«Personalmente mi auguro che gli stessi amministratori della città si adoperino per garantire un rilancio dell'economia, finalizzata, ovviamente, al pieno sviluppo, senza trascurare la formazione sociale e culturale, condizioni che potranno attuarsi, però, evitando ogni tipo di accondiscendenza verso condotte o progetti discutibili: così facendo i gelesi potranno raggiungere una libertà che gli è stata, fino ad ora, negata».
Autore : Rosario Cauchi
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