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notizia del 27/10/2012 messa in rete alle 12:40:44
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Premio alla carriera per Letizia Battaglia. Scatti d’autore per cinquant’anni e più
Nota soprattutto per le sue immagini delle guerre di mafia nella Palermo degli anni di piombo, la fotografa Letizia Battaglia (nella foto)ha ricevuto sabato 20 ottobre, presso l’ex Palestra Bilotta di Caltanissetta, un premio alla carriera. Tale riconoscimento è stato inserito all’interno dell’inaugurazione della mostra fotografica della figlia Shobha, intitolata Quando l’acido sfigura anche l’anima e visitabile fino a domenica 28: una serie di immagini realizzate in Bangladesh di donne sfregiate nel corpo e nella loro interiorità per aver negato la loro sudditanza agli uomini. L’evento è stato il primo di una serie di incontri con la fotografia che per tutta la settimana ha caratterizzato la prima edizione di Nissa Photo Art, manifestazione organizzata dalla Soprintendenza dei beni culturali di Caltanissetta. Dotata da sempre di una vocazione ad opporsi ad ogni forma di ingiustizia, Letizia Battaglia ha modificato l’importanza del fotogiornalismo, perché la fotografia spesso riesce a fare cronaca più di mille parole. Con i suoi scatti dei morti ammazzati in Sicilia, non è solo la fotografa della mafia ma anche quella della Palermo piegata dalla bellezza e dalla miseria. Classe 1935, la Battaglia è stata una delle prime fotoreporter italiane.
«Negli anni ’70 iniziai a lavorare come redattrice per l’Ora di Palermo – ha dichiarato la Battaglia – mi pagavano poco, così cominciai a collaborare con altri giornali, che mi chiesero se avevo delle fotografie per illustrare gli articoli. Mi procurai subito una macchinetta non professionale e comincia a scattare senza conoscenze, ma solo per garantirmi la mia indipendenza economica. Ma quando l’Ora mi chiese di dirigere il settore fotografico, cominciai a studiare fotografia e vedere il lavoro di grandi fotografe come Diane Arbus, Sally Mann, e il maestro Joseph Koudelka. Fu così che mi innamorai della fotografia».
Sono gli anni in cui la mafia incalza in un susseguirsi di azioni delittuose. La redazione è perennemente in contatto con la polizia, e Letizia insieme al suo compagno Franco Zecchin è sempre pronta a raggiungere a tutte le ore, a bordo della vespa, i luoghi degli omicidi. Giorno dopo giorno vede sangue e sente l’odore della morte.
«Sul finire degli anni Settanta – ci ha riferito la fotografa – mi capitò sempre più spesso di fotografare degli omicidi, anche fino a cinque al giorno. Essere donna non mi rendeva molto credibile come fotografa di mafia, inoltre non era riconosciuto ai fotografi alcun ruolo di denuncia. Ero contenta di lavorare per un giornale antimafia, ma anche lì le foto erano trattate solo come accessorio degli articoli».
Negli anni ’80 con la partecipazione alla fondazione del Centro siciliano di documentazione Peppino Impastato Letizia organizza delle mostre con fotografie che rappresentano l’intero mondo mafioso: miseria, politica, arresti, e processi. Per un ventennio il feroce clan mafioso dei Corleonesi elimina politici, poliziotti, intere famiglie mafiose e infine i due più cari amici della fotografa: i giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
«All’inizio noi non capivamo da dove venisse questo inferno – ha commentato la Battaglia – perché nessuno sapeva dei Corleonesi, nessuno veniva arrestato e intanto le persone migliori venivano uccise. Ci sono voluti anni per capirlo. Ho due fotografie di me con Falcone e Borsellino, scattate da Shobha. Sono le fotografie più importanti della mia vita».
Ma la Battaglia non fotografa solo cadaveri. Viaggia in tutta l’isola, documentando feste religiose, ospedali psichiatrici, quartieri degradati e, principalmente, giovani donne che silenziosamente sopportano le loro varie angosce.
L’archivio delle sue foto ha rappresentato una prova al processo contro Giulio Andreotti, accusato di collusione mafiosa. La Battaglia aveva scattato una foto a lui, durante una visita in Sicilia, in compagnia di un mafioso. Nonostante questo, l’accusa non ottenne la condanna. Un’ennesima sconfitta dell’antimafia.
«La mafia può essere battuta solo se le persone la smettono di votare per i politici disonesti – ha asserito la Battaglia – questo non è solo un problema siciliano».
La sua amicizia più importante è stata quella con il sindaco antimafia di Palermo, Leoluca Orlando, con il quale è stata assessore comunale e deputato del parlamento regionale negli anni ’90. Oggi la Battaglia è consulente gratuita per il comune di Palermo nella gestione del Centro internazionale di fotografia, presso i Cantieri Culturali della Zisa.
«Ad un giovane che si approccia alla fotografia – ha detto la fotografa – consiglio di osservare tutto ciò che è stato fatto in questo settore nel passato, guardare ciò che i fotografi contemporanei fanno, leggere libri e andare nei musei. Onestà e umiltà devono essere requisiti fondamentali. Sono inoltre importanti i progetti, perché oggi i giornali hanno poco spazio di approfondimento e quei pochi sono pilotati».
Letizia Battaglia non fa più reportage ma visita regolarmente le scuole e partecipa a eventi antimafia. Ha provato più volte a lasciare Palermo, luogo per lei di solitudine e vuoto morale, ma poi vi è sempre ritornata.
Autore : Filippa Antinoro
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