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Corriere di Gela | Verso il 2020 e i centomila abitanti
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notizia del 19/03/2006 messa in rete alle 12:32:39
Verso il 2020 e i centomila abitanti

Accolgo le precisazioni di Filippo Franzone e il suo fermo invito a concentrarsi sull'obiettivo della Provincia di Gela senza confondersi le idee con altre ipotesi. Quindi abbandono le mie perplessità è cerco di ridarmi coraggio.
Per questo da oggi mi concentrerò sulla visione di Gela nel 2020: una città che deve andare verso i 100.000 abitanti con tante piccole e medie imprese, distribuite lungo un asse servizi, una circonvallazione (la pedecolline), alcuni mega centri commerciali, una sala cinema multiplex, un mega centro sportivo, uno stadio, due porti.
Nel mio precedente articolo pubblicato il 5 dicembre scorso, con il titolo "Geopolitica dei triangoli con Caltagirone e Licata" ero più ottimista, forse perché era sotto natale, e presentavo una panoramica delle nuove province italiane, argomentando le ragioni di una strategia comune tra le ipotesi del nostro comprensorio: la Provincia di Gela e di Caltagirone, con la forma "a due teste" tipo Pesaro-Urbino o il modello trino, Gela-Caltagirone-Licata, con l'aggiunta dei territori d'oltremare di Lampedusa e Linosa. Per prudenza rimanevo dentro i confini delle province di Catania, Caltanissetta e Agrigento, poiché quelle di Enna e Ragusa sono già ridotte all'osso.
Immaginavo le complementarietà tra le specializzazioni produttive dei tre centri:
1. Gela con le piccole e medie imprese, la medio-grande distribuzione, i servizi di mobilità;
2. Caltagirone con la promozione delle tipicità, l'alta formazione, le piccole e medie imprese artigianali;
3. Licata con il turismo, l'agroindustria del biologico.
Franzone in effetti è sempre più convincente, forse anche grazie a chi come me anima il dibattito da lui guidato.
Tutta-via, non è me che deve convincere quando immagina una provincia costiera fortemente polarizzata su Gela, con un deciso posizionamento agro-industriale rafforzato da una proiezione marittima nel cuore del Canale di Sicilia. Gela tra Bombay e New York, terminale della diramazione sud del corridoio 1, Palermo-Berlino o della E45 Gela-Frederickshaven, sembra pure a me una faccenda seria.
In un contesto regionale connotato da una forte competizione tra i diversi sistemi territoriali, il vantaggio competitivo del "polo" stellare gelese, con la sua raggera imperniata su Licata (con Campobello?), Butera, Riesi, Mazzarino, Piazza Armerina, Niscemi, starebbe proprio nella sua potenziale forza demografica, nella sua coesione territoriale, acquisita con un numero limitato di Comuni e di province "tributarie" (3), nella sua posizione geo-economica e geo-strategica.
L'ipotesi della nuova provincia di Gela, per incidere sugli equilibri politici regionali e nazionali, dovrà volare alto e non spaventare nessuno. Dovrà far capire a tutti che Gela ha un progetto interamente nuovo e positivo che disegna scenari inediti: le attuali province "tributarie" dovranno convincersi che essa non leva, ma aggiunge forza ai loro territori.
La nuova provincia di Gela dovrebbe essere presentata come il "nucleo duro", l'embrione della "Città Regione della Sicilia Centrale": il sistema urbano di 1.268.000 abitanti del "triangolo" più grande Ragusa/Enna/Agrigento, identificato nel 1998 da una ricerca promossa dalla Commissione Europea. Dovremmo veramente cominciare a convincerci, per poi convincere, che Gela è al centro di uno dei principali sistemi urbani siciliani.
La nuova provincia dovrebbe presentarsi come il frutto di felici intuizioni che ipotizzano sviluppi futuri. Prima d'essere tale sulla carta, la nuova provincia dovrebbe vivere tra la gente, tra i residenti/produttori/proprietari del capitale territoriale. Essa non dovrebbe essere percepita come un ennesimo ente pubblico, ma come una vivace area di "cooperazione rafforzata" intercomunale, un'opportunità di sviluppo per le stagnanti economie dell'entroterra.
Prima di negoziare con le attuali Province, la Regione e lo Stato, bisognerebbe condividere al nostro interno un solare orizzonte comune. Non mille ipotesi tra loro divergenti. Chi risiede e lavora nel nostro comprensorio, i pendolari innanzitutto, sa bene quanti e quali siano i motivi per stare insieme, meno invece comprende le ragioni per dividersi.
Sarà dunque certamente utile lavorare in modo concertato a un serio "piano strategico" intercomunale che anche (ma non solo) in funzione dell'obiettivo provincia, avvii un processo di "governance" per tenere insieme attori e politiche, disegnando e perseguendo obiettivi di governo e di trasformazione del territorio, mobilitando gli investitori, in un quadro di competitività sovralocale di lungo periodo.
Se leggiamo bene quello che stanno scrivendo nei documenti strategici della nuova politica di coesione, per la programmazione dei fondi strutturali (2007/2013), nelle nostre città e nei nostri sistemi produttivi proprio questo dovremo fare.


Autore : Giuseppe Clementino

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