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notizia del 22/09/2008 messa in rete alle 12:26:58
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Cinquant’anni fa si inaugurava il museo archeologico di Gela
Il 21 settembre del 1958 venne inaugurato a Gela il Museo archeologico, voluto dall’on. Aldisio, allora ministro dei Lavori Pubblici. Il desiderio di realizzare il museo a Gela nacque nei primi del Novecento, quando il senatore Paolo Orsi effettuò scavi qua e là nel sottosuolo della nostra città. I preziosi reperti rivenuti venivano invitati al museo di Palermo e di Siracusa. Gela era allora un piccolo centro agricolo e marinaro con scarse potenzialità intellettuali. Subito dopo il secondo conflitto mondiale, il contadino gelese Vincenzo Interlici rivenne, nel 1948, nella zona di Caposoprano tracce di antiche mura del IV, V secolo a.C. . che vennero inizialmente scambiate per un antico teatro greco. L’allora soprintendente alle Antichità di Agrigento, dott. Pietro Griffo, fece notare all’on. Aldisio che era arrivata la necessità di effettuare scavi sistematici nel territorio gelese e di creare un museo nella nostra città, che aveva dato centinaia di antichi vasi ai musei di tutto il mondo, ponendo fine così a un categorico alt agli scavi abusivi. L’on. Aldisio inviò subito due valenti ispettori a Gela, il dott. Dinu adamasteanu e il prof. Piero Orlandini, col compito preciso di effettuare scavi archeologici nelle zone attentamente studiate, provvedendo inoltre (sin dal 1952) alla edificazione di un museo nella zona di “Mulino a vento”. Fu una stagione felice e fortunata, che io seguii appassionatamente molto da vicino e scrissi in quel periodo circa un centinaio di articoli sui vari ritrovamenti, che pubblicavo su “La Sicilia”.Temporaneamente i vari reperti vennero portati in un vasto locale lungo il corso Vitt. Eman. Con i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno veniva intanto costruito il museo dall’arch. L. Pasquarelli, mentre l’assetto funzionale e tutta la parte estetica del suo ordinamentio veniva curata dall’arch. Minissi. Gli archeologi Griffo, Adamasteanu e Orlandini si diedero un gran da fare ed il museo in pochi anni venne allestito; il prezioso materiale rivenuto veniva catalogato e sistemato con cura nel suo interno, debitamente ripulito e ritoccato dal capo restauratore Francesco Di Tommaso, collaborato, da Vincenzo Pardo e Giuseppe Ponzio. L’antico sogno dei gelesi prendeva finalmente corpo: il museo diventò una enorme potenzialità culturale di Gela. Al materiale rivenuto nel sottosuolo si aggiunse la collezione di vasi greci della nobile famiglia locale Navarra.
Mentre gli archeologi Orlandini e Adanasteanu pubblicavano l’esito positivo delle loro ricerche sulla rivista specializzata “Kokalos”, l’ispettore Griffo pubblicava uno stupendo volume “Gela, destino di una città greca in Sicilia”, arricchito con splendide foto di Leonard Von Matt. Anch’io ebbi una copia-omaggio dall’Autore, con lusinghiera dedica, per tutti gli articoli di appoggio che avevo pubblicato. Alla inaugurazione del museo archeologico gelese intervennero grosse firme di studiosi italiani ed esteri (da Vienna, dalla Svezia, Francia, Filanda, Germania). I politici regionali e nazionali fecero la loro parte.
L’inaugurazione del museo gelese ebbe una forte eco nella stampa internazionale, che descrisse i pregevoli arredi rinvenuti nelle varie necropoli a Nord, a ovest e ad est della città, esaltando il vasellame, le statuette, i portaprofumi, gli oggetti vitrei, quelli ornamentali delle donne (orecchini, pettini d’avorio, spille, fibule, pendenti), monete ed altro. Un mondo completamente diverso da quello di oggi, da cui abbiamo appreso i costumi, gli arredi, gli usi di un’epoca lontana, che immaginava il mondo dell’aldilà come un’altra vita da vivere. Specialmente il corredo delle donne, quando passavano a miglior vita, era sfarzoso. Il loro vestiario era cosparso di diademi, di fibbie, di anelli, di orecchini, catenelle, collane. (Allora – si vede – che contavano più carati che le buone azioni e i poveracci, insomma, dovevano cavarsela maluccio anche nell’oltre tomba). Dalle bacheche del nostro museo si evince che la fiducia di una vita oltre la morte poggiava sui corredi funebri, spesso toccanti. Nell’Aprile del 2004 si registrò a Gela un evento affascinante: la soprintendente alle antichità dott. Rosalba Panvini, il dott: Filippo Giudice, con la collaborazione dell’Università di Catania, promossero una mostra di antichi vasi greci nel palazzo “Pignatelli Roviano”. Si trattava della esposizione di quasi trecento vasi a figure rosse e nere, databili del V e IV secolo a. C. (tutti di provenienza dal sottosuolo di Gela) e concessi in prestito da vari musei del mondo: Basilea, New York, Berlino, Amburgo, Vienna, Oxford, Monaco e da altri musei. La mostra stupì allora tutti i visitatori e vennero a Gela un numero considerevole di studiosi dai centri vicini e lontani per ammirare la bellezza di tanti crateri, Jekitos , Kilix, oinokoe, corinzi ed altro esposti per oltre un mese. Nel nostro museo è confluito, negli ultimi anni, tanti altro materiale interessante, prezioso e l’istituto ha subito un “allargamento”. L’edificio ha perso lo stile architettonico di un tempo e oggi ha l’aspetto di un bunker. Come se non bastasse, la Soprintendente alle antichità provinciale pare abbia trasferito parte del materiale del nostro museo di seconda istanza al museo di Caltanissetta.
(E’ nella facoltà della soprintendenza effettuare questi passaggi). A Gela per tale motivo si registrano tanti mugugni, perché francamente non è bello trasportare brandelli di storia antica gelese al museo del capoluogo. I gelesi sono molti gelosi del loro museo, che considerano un luogo fondamentale di cultura.
Autore : Gino Alabiso
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