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Corriere di Gela | Con Pallante, è calato il sipario su Cunta.13
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notizia del 01/06/2013 messa in rete alle 12:17:57

Con Pallante, è calato il sipario su Cunta.13

Dato che i tentativi di rilanciare la crisi economica effettuati finora non hanno dato i risultati sperati, la decrescita diventa unica possibile soluzione. Con tale argomento a prima vista contraddittorio, che ha suscitato grande successo di pubblico, si è conclusa la terza edizione della rassegna Cunta, organizzata dall’associazione culturale Daterreinmezzoalmare, presso il salotto informale del Tropicomed.

Ospite di venerdì 24 maggio è stato il prof. Maurizio Pallante, fondatore nel 2007, del Comitato per la Decrescita Felice, un’associazione basata sulla demitizzazione della crescita economica. Partendo dal concetto che il prodotto interno lordo si limita a calcolare il valore monetario delle merci, cioè prodotti e servizi scambiati con denaro, il prof. Pallante ha sottolineato la distinzione tra beni e merci. Non tutti i beni sono merci e non tutte le merci sono beni.

«Nei Paesi occidentali – ha dichiarato Pallante – tutto ciò che ci serve è costituito dalle merci, ma solo i beni soddisfano i nostri bisogni. Ad esempio il cibo che ci avanza, che costituisce il 3% del Pil, è solo merce. Il Pil misura il valore monetario delle merci e non prende in considerazione i beni, la decrescita indica solo un diminuzione di merci e non di beni, anzi la decrescita può essere indotta da una crescita di beni autoprodotti, in sostituzione di merci equivalenti. La decrescita costituisce il fulcro di un nuovo indirizzo culturale e politico che si realizza come una diminuzione della produzione di merci che non sono beni, e un aumento di produzione di beni che non sono merci»

La distinzione tra i due concetti di beni e servizi diventa preliminare al paradigma della decrescita, che altrimenti significherebbe rinuncia, e riduzione del benessere. Il prof. Pallante, che è esperto del risparmio energetico e uno dei fondatori, nel 1988, del Cure (comitato per l’uso razionale dell’energia) si è soffermato sullo spreco di risorse energetiche e elementi naturali in danno dell’equilibrio naturale stesso.

«In Italia – ha sottolineato il relatore – in case mal costruite si sprecano 20 metri cubi di gasolio l’anno, se si avviasse una politica di ristrutturazione delle abitazioni, si risparmierebbero 13 metri cubi di gasolio l’anno e si creerebbe occupazione. La crisi viene vista solo come un fatto finanziario, invece si tratta di una profonda crisi strutturale dovuta alla diminuzione di risorse energetiche, all’aumento della popolazione, dei rifiuti e dei cambiamenti climatici, per cui bisogna abbattere gli sprechi e aumentare l’efficien-za nell’uso di energia, praticando una revisione, anche filosofica, delle necessità materiali dell’uomo. Bisogna sviluppare una tecnologia in grado di recuperare i rifiuti, mediante lo smaltimento che creerebbe un’occupazione utile. Se si risparmiano dei soldi dovuti al recupero di materiali tramite lo smaltimento, si possono pagare gli stipendi dei lavoratori addetti a ciò»

Diviene indispensabile uscire dalla società dei consumi e dal circolo della creazione illimitata dei bisogni e prodotti. La decrescita è un indicatore della produzione di qualità, mentre il Pil è un indicatore quantitativo che va ad arricchire solo chi produce, senza creare un reale benessere. Il termine decrescita è considerato rivoluzionario nella moderna società e spesso va confuso con il concetto di recessione, però mentre quest’ultimo indica la diminuzione incontrollata e indiscriminata della produzione, nel caso di decrescita si tratterebbe di una riduzione selettiva e consapevole delle merci che non soddisfano un bisogno. Ci sono beni che non incidono sulla crescita del Pil, perché non vengono vendute, e sono quelli che possono essere autoprodotti, e quelli che possono essere scambiati.

«L’autoproduzione dei beni – ha sottolineato Pallante – l’abbiamo dimenticata da due generazioni, è stato fatto di tutto affinché le persone non sapessero più fare nulla e affinché considerassero l’autoproduzione di beni una forma di povertà. L’autoproduzio-ne sarebbe più comprensibile nel centro-sud, dove il sistema di industrializzazione non è stato così totalizzante, come il nord».

Maurizio Pallante vive da qualche anno in una cascina tra i boschi e le colline del Monferrato astigiano, dove coltiva ortaggi per autoconsumo. A curare la postfazione è stato il giovane docente gelese di Istituzioni di Economia e Politica economica all’Università di Messina, Alessandro Morselli, che ha tenuto un discorso basato sulla politica economica mirata a ridurre il debito mediante la crescita dei consumi, di cui viene riportata una sintesi in questa stessa pagina.

Il professore Pallante ha sottolineato che c’è un solo motivo per cui i Paesi industrializzati abbiamo debiti così alti: le leggi economiche finalizzate alla crescita quantitativa. Le aziende hanno investito in tecnologie più performanti, che hanno consentito di produrre sempre di più, diminuendo l’in-cidenza del valore umano sul valore aggiunto, e di conseguenza il numero di persone che possono comprare avendo uno stipendio. La crescita non crea occupazione, ma è la decrescita che la crea per diminuire gli sprechi.

«Gli strumenti economici tradizionali – ha concluso Pallante – non funzionano più. Il debito è l’altra faccia della crescita, ed è costituito dalla domanda, diminuendo la domanda aumenta la crisi»

I relatori sono stati introdotti da Nicola Gennuso, direttore del club “Imprese per la cultura”. Ep’ intervenuto anche il dott. Giuseppe Nicoletti, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Caltanissetta, che per il secondo anno ha patrocinato l’iniziativa.

«Dal punto di vista economico – ha detto Nicoletti – molti Paesi, sono in una situazione di depressione che vede spostare i capitali dal settore sociale a quello finanziario, spostamento che è programmato, a vantaggio solo dei possessori di capitali. Oggi l’ar-gomento decrescita potrebbe fare il caso nostro, siamo in un periodo in cui i centri di interesse hanno perso la loro conflittualità e la finanza condiziona le scelte politiche, che non mira al raggiungimento dell’equilibrio delle classi sociali»

Nicoletti ha espresso parole di elogio per la rassegna, realtà ormai consolidata grazie alla qualità degli appuntamenti, e sottolineata dall’alta affluenza di pubblico «a dimostrazione che quando c’è lo spirito del sacrificio, si può fare molto per il territorio».



Autore : Filippa Antinoro

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