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notizia del 17/05/2009 messa in rete alle 12:02:10
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Crisi economica Anche l’indotto si mobilita
Il drammatico default finanziario, trasformatosi, entro un breve lasso di tempo, in una pervasiva crisi economica, ha catalizzato l'attenzione dei maggiori organi internazionali, inducendo i singoli Stati ad intraprendere azioni del tutto eccezionali.
Le vittime privilegiate del tracollo della cosiddetta economia reale, come è sempre capitato anche nel corso di precedenti dipartite strutturali, appartengono, per la gran parte, alla categoria dei lavoratori dipendenti: fra questi, però, più esposti sono, certamente, coloro che operano in territori da sempre in cerca di uno sviluppo, desiderato ma quasi mai concretizzatosi.
Gela, sotto questo profilo, non rappresenta un'eccezione, affiancandosi ad innumerevoli centri industriali, privati, in questi ultimi mesi, di ogni certezza.
Lo stabilimento petrolchimico, allo stato attuale, quasi esclusivamente gestito da Raffineria di Gela spa, facente capo al gruppo Eni (per ciò che concerne il diretto), ha da sempre rappresentato una pallida speranza di occupazione per le maestranze locali, assorbite, in numero assai esiguo, da aziende operanti nella dimensione dell'indotto.
Sono soprattutto questi ultimi a risentire, più degli altri, gli effetti di una crisi che rischia di travolgerli senza permettergli alcuna efficace risposta: la fermata degli impianti, programmata per un periodo di sessanta giorni, ne ha invece coperti solo la metà; le commesse iniziano a ridursi drasticamente; le aziende operanti all'interno dello stabilimento hanno avviato periodi di cassa integrazione; la concorrenza di soggetti economici esterni diviene sempre più incalzante.
Come agire innanzi ad una realtà in progressivo deterioramento?
Rimanere bloccati in attesa di buone nuove oppure intervenire direttamente?
Questi, insieme ad altri interrogativi, sono oramai divenuti costanti ineliminabili per tutti gli interessati, poiché connessi alla possibilità di garantire, a sé stessi ed alle proprie famiglie, un futuro perlomeno dignitoso.
Innanzi ad una drastica scelta, tra progressivo smantellamento o ripresa di una soddisfacente attività produttiva, i lavoratori hanno decisamente scelto quest'ultima.
Gli stessi hanno, inoltre, stabilito di non fermarsi ad un generico pronunciamento, cercando, così, di delineare gli strumenti più adeguati in vista di un eventuale periodo di lotta: il passato, in questo caso, ha avuto un ruolo non indifferente, inducendo molti di essi ad accogliere con interesse una proposta imbastita dal direttivo della locale Fiom-Cgil, come confermato dal suo segretario provinciale, Orazio Gauci, quella di ricostituire un vero e proprio Consiglio di Fabbrica. Ma cos'è esattamente?
Tale organismo rappresenta un lascito della lunga storia operaia; i primi iniziarono a costituirsi all'interno degli stabilimenti Fiat e di altre grandi aziende settentrionali già nel 1919, anche se la fase più fulgida, senza ombra di dubbio, fu quella avviatasi nel 1968 e conclusasi con l'avvento degli anni '80.
Il Consiglio di Fabbrica nasce perseguendo lo scopo di racchiudere, all'interno di un unico incubatore, tutte le categorie impegnate all'interno dell'indotto Eni, dai metalmeccanici agli edili, onde evitare superflue divisioni, cercando, al contrario, di coinvolgere ogni diverso punto di vista, eliminando steccati o barriere divisorie.
Il progetto in discussione non si presenta alla stregua di una completa novità per il locale petrolchimico: un tale sistema di coordinamento tra lavoratori era già presente nella realtà gelese, ove ottene rilevante visibilità, senza, però, riuscire a mantenersi nel corso del tempo, sciogliendosi circa un ventennio addietro.
L'unità, dunque, in opposizione ad un processo di decomposizione del sistema produttivo; così i lavoratori dell'indotto intendono affrontare una fase di evidente difficoltà, rivolta in molti casi a modificare i canoni essenziali del rapporto fra datore di lavoro e dipendenti.
Autore : Rosario Cauchi
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