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Corriere di Gela | Il lungo percorso dei servizi sociali
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notizia del 02/06/2003 messa in rete alle 11:50:23
Il lungo percorso dei servizi sociali

Nel discorso ricorrente sui servizi sociali non si può non accennare all’iter storico evolutivo di questi servizi che, seppur svolti tra alterne e sfortunate vicende, hanno sempre rappresentato il grado di civiltà e solidarietà umana del nostro popolo. Non è quindi superfluo considerare il lungo travaglio sofferto dalle funzioni pubbliche di assistenza rese in Italia nel secolo scorso, certamente proteso a debellare il triste fenomeno della povertà che, però, non è stato mai affrontato nelle sue implicazioni generanti e con interventi radicali. .
E’ d’uopo citare la legge fondamentale sulle Opere Pie del 1890 n. 6972, relativa alle istituzioni pubbliche di beneficenza, la quale per la prima volta assegnava all’Ente Congregazione una funzione di stato, cioé un sistema di beneficenza legale, al posto delle elargizioni e prestazioni private precedentemente erogate. .
In seguito, con il Rdl 30/12/1923, essendosi man mano imposta l’esigenza di una concreta assistenza sociale, si è avuta l’evoluzione dal concetto di beneficenza a quello di assistenza, per cui alla espressione “Istituzioni pubbliche di beneficenza” si aggiungeva il nuovo termine di “Assistenza”. Dopo una sporadica, temporanea legislazione si arriva alla legge 3/6/1937 n. 847, istitutiva in ogni comune dell’ente comunale di assistenza; un ente pubblico locale ad amministrazione autonoma, finanziato e controllato dal Ministero dell’Interno tramite le Prefetture, il cui termine “comunale” era da intendersi nel senso che operava nel territorio del comune. La legge assegnava a questo nuovo ente il compito di assistenza generica, ma a seguito di una miriade di leggi e leggine e provvedimenti amministrativi, che servivano tra l’altro a creare un corteo sempre più numeroso di altre entità assistenziali e a tamponare emergenze ed eventi straordinari, furono attribuite agli enti comunali di assistenza varie e specifiche competenze delegate, anche se in maniera non del tutto certa e determinata. .
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Tuttavia questi enti comunali di assistenza, aventi personale proprio, adempirono per oltre quaranta anni e con encomiabile scrupolo il non facile e ingrato lavoro derivante da tali complesse e multiformi funzioni fino all’anno 1979, quando già erano proiettati a divenire centri naturali e propulsori di tutte le attività assistenziali in sede locale. .
Intanto venivano adottati alcuni provvedimenti programmatici importanti: veniva proclamata dall’Onu, in data 10/12/1948, la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nonché la Carta sociale europea e la carta della Sicurezza sociale, rispettivamente approvata il 7/7/1961 e dal V Congresso sindacale di Mosca nel dicembre 1961, risoluzioni tutte volte a riconoscere l’esigenza di un compiuto sistema di Sicurezza sociale e il diritto di ogni persona, sprovvista di risorse sufficienti, all’assistenza ed ai servizi altamente qualificati. Anche il Parlamento italiano, nel luglio 1967, approvando il Piano quinquennale, sulla spinta dell’Anea (Associazione nazionale enti assistenza) e sulla base dei principi costituzionali, si apprestava a predisporre la legge quadro sui servizi sociali, la quale legge sancisse finalmente il passaggio degli uomini al diritto naturale fondato sulla insopprimibile uguaglianza e libertà degli uomini al diritto positivo e soggettivo alla pubblica assistenza da inserire nell’ordinamento giuridico dello Stato; concepisse un sistema armonico di funzioni distinte nei tre cardini della Sicu-rezza sociale: Previdenza, Sanità e Assistenza; rendesse operante il diritto all’aiuto economico alla soglia del minimo vitale; istituisse l’Unità socio-assistenziale in concomitanza con le Unità sanitarie locali. .
. Erano lontani ormai i tempi in cui nell’erogazione dei servizi – compiacente all’autorità politica di allora – dominava la deprecata discrezionalità, cioé la misurazione del bisogno secondo valutazioni soggettive, spesso empiriche, improvvisate, emotive e fallaci. Si voleva compiere un salto di qualità, mirando ad un sistema di autostima simile a quello previdenziale che è garanzia di parità ed omogeneità di trattamento.


Autore : Angelo Vitale

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