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notizia del 13/07/2003 messa in rete alle 11:43:16
Mafie e fissazioni paranoiche
E’ sicuramente un fatto positivo che il Comune di Gela abbia istituito il “premio internazionale di giornalismo” intitolato a Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere della Sera barbaramente uccisa in Afghanistan.
E’ positivo perché consente alla città di Gela di essere ogni tanto sotto i riflettori in modo costruttivo, è positivo perché consente di soffermarsi un attimo sul ruolo, sulla funzione del giornalismo libero, quello che non si limita ad aspettare le “veline” di enti pubblici e forze dell’ordine, ma va sul campo a cercare le notizie per riferirle ai propri lettori come testimonianza diretta e non filtrata.
Maria Grazia Cutuli amava quel tipo di giornalismo, amava essere spedita nelle zone calde del pianeta, amava il suo lavoro pur nella consapevolezza della pericolosità a cui andava incontro. Non era un’eroina, era una professionista seria che giustamente va ricordata nel tempo.
Peccato che questo ricordo debba essere, come purtroppo spesso succede, strumentalizzato e distorto: il tema dell’edizione di quest’anno del premio a lei intitolato è: “lotta contro tutte le mafie per i diritti civili”.
Signori, è una fissazione paranoica a cui è venuto il momento di dire basta una volta per tutte!
Faccio fatica a capire cosa c’entra la mafia con la Cutuli, inviata di guerra assassinata in Afghanistan (e non certo a Gela o Corleone). Ma è possibile che la mafia debba per forza entrare di prepotenza anche quando, come in questo caso, non c’entra per nulla?
Non so se qualcuno lo ha notato, ma se in Lombardia o in Veneto vengono scoperti episodi di corruzione, o concussione, o appalti truccati, i giornali parlano di “tangentopoli”, se la stessa cosa avviene in Sicilia si preparano titoloni con la parola “Mafia” a caratteri cubitali.
Se il governatore della Liguria viene indagato, si parla di corruzione, se viene indagato in Sicilia di parla subito di “concorso esterno in associazione mafiosa”, perché in Sicilia non esiste la semplice corruzione, generata dall’umano desiderio di accaparrarsi illeciti introiti, ma tutto deve necessariamente essere filtrato da una cosca mafiosa.
Finiamola una buona volta con questi luoghi comuni, e finiamola anche col volere mettere a tutti i costi la mafia dove non c’entra. A meno che tutto questo polverone sulla mafia, a Gela, non serva solo ad ubriacare l’opinione pubblica per distoglierla dai reali problemi della città quotidiana: le condizioni di vivibilità, in città, non sembrano migliorare, e non credo sia colpa della mafia.
Comunque, vorrei dare qualche spunto a chi distribuisce lotta alla mafia a piene mani. Se l’acqua di Gela non è potabile, potrebbe esserci qualche infiltrazione mafiosa nelle condutture, che dovrebbero essere verificate non dai tecnici dell’Eas ma dalle forze dell’ordine. Non c’è da ridere, se continua di questo passo ci arriveremo presto.
Autore : Giulio Cordaro
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