|
notizia del 19/10/2012 messa in rete alle 22:19:42
|
Nel centenario della nascita di Elsa Morante, la siciliana
Il 1912 in Italia è stato un anno fortunato. Nascono Giorgio Caproni, Antonia Pozzi e Elsa Morante (nella foto), tre autori che, pur con dinamiche e strumenti diversi, hanno saputo impegnarsi in una scrittura poetica capace di equilibrare il dominio modernista di matrice montaliana e ‘negativa’. Se questo è un dato in comune, per Morante il discorso si fa particolarmente complesso, se consideriamo che la sua opera ha sempre stimolato degli importanti dibattiti, sia tra i lettori che tra i critici. Molti ricordano la meraviglia provocata da Menzogna e sortilegio (1948), in apparenza una sorta di saga ottocentesca, ma pubblicato proprio quando in Italia si manifestavano da una parte il realismo di stampo sociale, e dall’altra quegli sperimentalismi che avrebbero condotto la nostra letteratura verso la Neoavanguardia.
Altrettanto accesi furono i dibattiti sorti dopo l’uscita de La Storia (1974). Unanimi, invece, furono i consensi a L’isola di Arturo (1957), un autentico miracolo narrativo, malinconico quanto allegro e arioso come una musica di Mozart, l’autore prediletto. Ancora poco, invece, si parla della sua poesia. Morante pubblicò solo due raccolte Alibi (1958) e dieci anni dopo Il mondo salvato dai ragazzini. Può apparire un numero esiguo, ma che in realtà conferma la parsimonia che l’autore mantenne anche per la prosa. Morante è una scrittrice che spesso s’identifica con Roma, la città dov’è nata ed effettivamente è sempre vissuta − escludendo i soggiorni procidani – muovendosi, con pause intermedie, dal quartiere popolare di Testaccio dell’infanzia, all’attico di via Dell’oca, a due passi da piazza Del Popolo, condiviso con il marito Alberto Moravia e che divenne punto d’incontro per Pasolini, Penna, Carlo Levi, Bassani, Bertolucci, Wilcock, Bellezza, Siciliano, Debenedetti. Questa identificazione con Roma si cristallizza anche nella biografia di Lily Tuck, non ancora tradotta, Woman of Rome (2008). Tuttavia va ricordato che la madre, Irma Poggibonsi, è originaria di Modena; mentre il padre è il siciliano Francesco Lo Monaco. Elsa prende il nome del marito della madre, Augusto, anch’egli di origini isolane.
Morante dunque, almeno secondo lo ius sanguinis, per metà è siciliana. Questa sua provenienza viene evocata, e rivendicata, per quanto indirettamente, in alcune delle sue opere. Così è in Menzogna e sortilegio dove, sebbene le coordinate spaziali non siano identificabili con esattezza, si riconoscono i vicoli e i palazzi, invero asfissianti, di una Palermo ancora spagnoleggiante. Forte è il richiamo anche in due racconti come Il soldato siciliano (1945) e Lo scialle andaluso (1953). Mentre nel primo viene narrata la guerra e il soldato-padre appare come un moderno arcangelo Gabriele, nel secondo testo, che darà il titolo alla raccolta nel 1963, temi centrali nella poetica morantiana come la maternità, il dilemma tra vita e arte, tra dovere morale e libero arbitrio, si concentrano attorno alla figura della madre ballerina e del figlio seminarista. Questa novella, che certamente rappresenta uno dei momenti più importanti della narrativa morantiana riesce a farsi eco delle proprie radici, esaltate anche in uno dei testi di Alibi: Poesia per Saruzza (1943), una lirica incentrata sul ruolo della memoria per la letteratura e che potentemente ricorda l’Elisa/Elsa del primo romanzo: « nella mia stanza ero ǀ oggi, e stupore mi morse». Versi che nella pochezza che è propria della poesia, di quest’autore ci dicono tanto.
Autore : Gandolfo Cascio
» Altri articoli di Gandolfo Cascio
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|